venerdì, Aprile 26, 2024
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Nove Marzo

Sembra strano, ma dopo l’otto marzo le donne – e non solo – che sono scese in piazza vogliono continuare. Proviamo a sentire un po’

“Il lavoro produttivo è il lavoro salariato tradizionale”, spiega Alessandra, attivista di NUdM Catania, “che ha sempre visto lo sciopero come mezzo di protesta, mentre il lavoro riproduttivo rappresenta l’insieme di cure necessarie alla sopravvivenza. Può essere gratuito, come il lavoro domestico delle casalinghe, o retribuito, come quello delle badanti, delle cuoche, delle maestre d’asilo, delle baby sitter. Si tratta di lavoro svolto quasi esclusivamente da donne, quasi sempre straniere, e in mancanza di tutele. Basti pensare allo sfruttamento del lavoro delle badanti, che spesso non possono abbandonare il loro lavoro, o perchè il luogo di lavoro diventa la loro stessa casa, o perchè non godono di permessi di soggiorno.

A Catania, ad esempio, alcune ausiliarie e maestre degli asili nido, che lavorano per una cooperativa che ha in appalto diversi asili in provincia, per ben nove mesi non sono state pagate dal comune, con il pretesto del dissesto finanziario. Sono salite sul tetto di uno di questi asili per protestare, dopo aver comunque garantito le loro prestazioni per diversi mesi, proprio perchè sanno benissimo che sarebbero altre donne, in caso di sospensione del servizio, a doverne fare le spese, a pagare una babysitter. Parliamo di persone che hanno un mutuo alle spalle, di famiglie monoreddito, di situazioni di incredibile pressione. Persone che ci rimettono i soldi della benzina. Pur lavorando. Fortunatamente si è creata un’alleanza con le mamme dei bambini dell’asilo, che hanno visto quanto queste donne si siano sacrificate. Ne è scaturito un primo presidio di protesta in prefettura ma, dopo diverse promesse cadute nel vuoto, è stato garantito il pagamento solamente di due delle nove mensilità arretrate. E’ in quell’occasione che mamme e lavoratrici hanno conosciuto Non Una Di Meno, e hanno deciso di partecipare ad una nostra assemblea, per denunciare la loro condizione, nel tentativo di uscire dall’invisibilità cui erano state condannate.”

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“NUdM è un movimento femminista globale” -spiega Laura– “è nato in Argentina e in questo momento è presente in oltre cento paesi in tutto il mondo. Astenersi dal lavoro riproduttivo serve a dare un segnale forte, oggi ci sono stati diversi disservizi in molti settori, del resto uno degli slogan di Non Una Di Meno è sempre stato “se ci fermiamo noi si ferma il mondo”. Chiediamo di più delle mimose, soprattutto al governo attuale e al ministro Pillon, che con il suo decreto complica la pratica del divorzio inserendo la figura di un mediatore familiare, a pagamento, che non fa altro che interferire nel processo di separazione. Chiaramente tutte le donne che hanno subito violenze dal coniuge, o che non hanno un reddito sufficiente, sono danneggiate da questa nuova pratica ed esposte inutilmente al pericolo di nuove violenze.”

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“Ho 24 anni, ho preso la laurea da poco e sto facendo servizio civile a Catania. Ci siamo posti spesso questa domanda, ed effettivamente soprattutto le ragazze più giovani vedono il femminismo come una battaglia delle nostre nonne, ormai superata, pensano che si sia raggiunta la parità di genere solo perchè possiamo votare, lavorare, possiamo decidere di non sposarci o di divorziare. Ma questo non ci basta, e c’è bisogno di portare nuovi contenuti nelle scuole e nelle Università. Un modo interessante potrebbe essere quello di legare il tema del femminismo a quello del razzismo, dell’ecologia e del lavoro, tanto che oggi si parla appunto di femminismo intersezionale.”

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“Queers  – spiega Emanuele di “Queers Catania” – è un’associazione nata nel 2015, composta inizialmente solo da studenti. In seguito è riuscita ad aggregare persone di età diversa. Queer è un termine che nasce nei paesi anglofoni, inizialmente come insulto: significava strambo… La comunità LGBT+  (lesbiche, gay, bisessuali, trasgender e altri ancora) se n’è appropriata per definire tutte quelle persone che non si riconoscono come eterosessuali, senza etichettarle con un termine specifico, ma comprendendole tutte sotto il termine-ombrello di “queer”. Lo stesso ragionamento può essere applicato in maniera diversa: bianco/nero, maschio/femmina, eterosessuale/omosessuale: viviamo in una società in cui ci sono soggetti dominanti (maschio, bianco ed eterosessuale) e soggetti dominati (femmina, nera, omosessuale). E tutto ciò che è presente in mezzo sembra non esistere. Per noi però non è così. La nostra battaglia mira a rivendicare il diritto all’esistenza di tutti i soggetti che non si vedono rappresentati in questo sistema. Anche attraverso la le manifestazioni di NUdM, che vede la donna come vittima non solo di violenze fisiche ma anche sociali e istituzionali, basti pensare alle differenze salariali, ancora tanto marcate, tra uomo e donna.”

(foto di Mario Libertini)

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