giovedì, Ottobre 3, 2024
-mensile-Economia

Ma la casta più pericolosa è davvero quella dei politici?

E’ arrivato il momento di fare i con­ti…

Quando la foga contro i privilegiati e le analisi economiche superficiali fanno perdere lucidità negli obiettivi delle lot­te sociali. sprechi, rischia di essere una misura inutile e velleitaria se ci fa per­dere di vista i problemi più devastanti legati al dilagare della finanza predato­ria.

Il Movimento Cinque Stelle ha presen­tato una proposta che consentirebbe di ta­gliare più o meno quarantadue milioni di euro dai costi della politica, e sulla mia bacheca Facebook sono fioriti commenti di segno opposto che si dividono in plau­denti e benaltristi, in altre parole equa­mente suddivisi tra chi applaude all’inizia­tiva e chi dice che i problemi sono ben al­tri.

Il mio giudizio si colloca in una via di mezzo, e considero questa cosa da applau­dire sul piano etico ma poco efficace sul piano pratico. E provo a dimostrarlo leg­gendo i dati economici che sono riuscito a raccogliere al meglio della mia capacità di documentazione, sintetizzati anche nel fu­metto “Raschiatutto”, realizzato a quattro mani con Marco Pinna.

● Un’analisi Confcommercio del 28/10/11 dice che la politica spreca 9 mi­liardi di euro all’anno.

● La “relazione sul rendiconto generale dello Stato per il 2008” della Corte dei Conti dice che “il fenomeno della corru­zione nella pubblica amministrazione” ci costa “50/60 miliardi di euro/anno”.

● Il Ministero dell’Economia ha stimato nel 2010 una evasione fiscale di 120 mi­liardi di euro/anno.

● Il 17 maggio 2011 il presidente della Commissione Parlamentare Antimafia ha parlato di “150 miliardi di fatturato annuo delle mafie”.

● Il supplemento del bollettino statistico Bankitalia del 16/12/2009 ha rilevato che nel 2008 “a prezzi costanti, la riduzione della ricchezza complessiva rispetto al 2007 è risultata pari a circa 433 miliardi di euro del 2008” ma “la dinamica delle attività reali è risultata positiva” (+3%). In breve, 88 miliardi di euro risparmiati sono stati travolti da 521 miliardi di euro persi nel casinò della finanza.

10 ricchi = 3 milioni di poveri

Seguite quei soldi e scoprirete con chi prendervela: “In Italia i 10 individui più ricchi posseggono una quantità di ricchez­za che è all’incirca equivalente a quella dei 3 milioni di italiani più poveri”. (Ban­kitalia, Occasional Papers 115, 02/12).

Ma l’Irpef per i ricchi è sceso dal 72% del 1974 (aliquota applicata a chi guada­gnava più di 500 milioni di vecchie lire/anno, che attualizzati corrispondono a 2 milioni di euro/anno) fino al 43% del 2012, il minimo storico di sempre.

Nel frattempo il supplemento al bolletti­no statistico Bankitalia del 25/01/12 dice che “la quota di individui poveri risulta pari al 14,4% e la per­centuale di fami­glie indebitate è pari al 27,7%”.

La nostra Costituzione stabilisce all’arti­colo 53 un principio di progressività fisca­le funzionale alla redistribuzione del red­dito. Ma l’unico “sacrificio” che non ci è stato chiesto come misura anticrisi è pro­prio il ripristino di una aliquota del 72 per cento per quei dieci fortunati intocca­bili che da soli fanno reddito come i tre milio­ni più poveri: un’entrata fiscale che per­metterebbe di rilanciare l’economia e al­leggerire le tasse sui più deboli.

E non ci vengano a dire che quei soldi risparmiati servono a rilanciare l’econo­mia, perchè finora sono stati soltanto bru­ciati in finanza, per inseguire profitti mag­giori in tempi più brevi.

La guerra di chi accumula contro chi tira a campare è invisibile sui mass media, è totalmente assente dal dibattito parla­mentare, dove anche il movimento politi­co più rivoluzionario e agguerrito contro le ruberie si è finora limitato a ragionare sul primo dei dati che ho fornito, quei nove miliardi di sprechi, concentrando le proprie energie sugli stipendi troppo alti dei Parlamentari mentre il vero male oscuro che divora il nostro benessere e le nostre speranze di futuro si chiama finan­za predatoria.

Ma per combattere questo cancro con una terapia efficace servono a poco i “ce­rotti” dei risparmi anticasta (poco impat­tanti sul piano economico an­che se alta­mente condivisibili sul piano etico).

Bisognerebbe invece separare le ban­che d’affa­ri dalle ban­che di risparmio a cui si rivolgono i citta­dini, ad esempio con l’introduzione in Ita­lia di una norma­tiva simile al Glass-Stea­gall Act, la legge Usa che proteg­geva i risparmiat­ori dal falli­mento delle banche, purtropp­o abro­gata nel 1999 dal presidente Clin­ton (“non c’è niente di meglio di un governo di sinistra per far politiche di destra”…).

Que­sta legge – riporta Wikipedia – è stata “la risposta del Congresso Usa alla crisi finanziaria ini­ziata nel 1929 che all’inizio del 1933 mise in ginocchio nu­merose banche americane. Prevedeva l’introduzione di una netta se­parazione tra attività bancaria tradiziona­le e attività bancaria di investimento. La ratio di tale provvedi­mento era di evitare che il falli­mento dell’intermediario comportass­e an­che il fallimento della banca tradizio­nale, im­pedendo che l’economia reale fosse di­rettamente esposta al peri­colo di eventi ne­gativi prettamente finan­ziari. Per via del­la sua successiva abro­gazione, nel­la crisi del 2007 è accaduto proprio que­sto, quando l’insolvenza nel mercato dei mu­tui subprime ha scatena­to una cri­si di li­quidità che si è trasmessa all’attivi­tà ban­caria tradizionale”.

Sarebbe bastato separare le banche vo­tate alla speculazione da quelle orientate al risparmio per scongiurare la gran­de truf­fa del Monte dei Pa­schi di Siena: un rega­lo da quattro miliar­di di soldi pubblic­i, possibile non solo per gli intrec­ci tra il mon­do bancario e quello politico, ma an­che e soprat­tutto perchè le banche che giocano d’azzardo sui tavoli della fi­nanza “tengono in ostag­gio” i risparmiato­ri e i loro conti cor­renti.

Quando le cose si mettono male per gli squali della finanza, per cavarsela basta minacciare di far andare a fondo assieme a loro anche chi ha guadagnato onesta­mente i propri risparmi, e con questa “of­ferta impossibile da rifiutare” i governi ci obbligano a tappare di tasca nostra i bu­chi causati dall’utilizzo spregiudicato di stru­menti finanziari senza regole.

Per questa ragione, ciò che andrebbe frenato e combattuto come prima misura di emergenza sono le fughe di capitali all’estero, cioè il casinò della finanza che arricchisce le grandi banche d’affari, per la maggior parte straniere,

Ma i parlamentari a cinque stelle sem­brano ancora troppo concentrati sui costi della Politica per studiare i danni della Fi­nanza, e Beppe Grillo si è limitato a pro­porre sui temi economici una soluzio­ne che non prende posizione: facciamo deci­dere ai cittadini se restare o meno nell’ euro. Purtroppo però la finanza pre­datoria è ormai in gra­do di fare danni enormi sia dentro che fuori dall’euro se lasciata agire indistur­bata e senza freni.

E c’è anche un proble­ma di redistribu­zione del reddito tale da ren­dere auspica­bile l’aumento delle tasse ai più ricchi per sol­levare dai sacrifici le fa­miglie a basso reddito che finora hanno pagato da soli il prezzo della crisi con più Imu, più Iva, più accise sulla benzina e più tasse sui servizi.

Per questa ragione, mi sembra piutto­sto velleitario basare il rilancio dell’eco­nomia sulle decine di milioni di euro all’anno che si potrebbero risparmiare ta­gliando stipen­di e rimborsi ai parlamen­tari, se non si de­cide prima di aggredire i problemi di una finanza predatoria che sottrae ricchezza per centinaia di miliardi di euro l’anno.

La “foga anticasta” non è cosa buona se distrae da un altro problema che per entità e dimensioni è di quattro ordini di gran­dezza superiore al problema che as­sorbe la tua attenzione. Il cancro non si cura con l’aspirina, e se arriva l’ambulan­za per un grave incidente, prima si siste­mano emor­ragie e fratture, e poi con cal­ma si pensa a lividi ed escoriazioni.

Se proprio vogliamo semplificare il di­scorso con slogan di facile comprensio­ne, oltre ai nemici più noti che si chiama­no mafie, sprechi, corruzione ed evasio­ne, c’è un nemico più devastante di tutti che si chiama finanziarizzazione dell’economia.

C’è un alleato per combat­tere questo ne­mico: si chiama costitu­zione repubblica­na. Ci sono strumenti che si chiama­no re­distribuzione del reddito ba­sata sul­la pro­gressività del prelievo fiscal­e, c’è un setto­re di attività legalmente leci­te ma moral­mente odiose che si chia­ma specula­zione finanziaria, e che va netta­mente se­parato dalla lecita e morale attivi­tà di ri­sparmio dei cittadini.

Nel combattere questa batta­glia dobbia­mo es­sere consa­pevoli che il giro d’affari della specula­zione ci ha suc­chiato negli ultimi anni centinaia di mi­liardi di euro, mentre i co­sti della “casta” non arrivano nemmeno alla decina.

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