giovedì, Aprile 18, 2024
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La Libreria diffusa

Una rete di biblioteche popolari nei quartieri: dopo Gapa, Mangiacar­te e Librineria ecco quella del Gammazita, a Ca­stell’Ursino

E’ stata inaugurata la biblioteca po­polare dai giovani volontari di Gamma­zita, associazione culturale che dalla primavera del 2013 opera nella piazza del Castello Ursino nel quartiere di San Cristoforo cercando di restituire decoro e vivibilità a questo che è uno dei più bei luoghi di Catania. 

Era stato indetto un bando dal Comune rivolto alle associazioni, e i ragazzi di Gammazita hanno vinto con un program­ma di poche pagine ma tante ottime idee, acquisendo i fondi previsti: in questo modo sono riusciti a dare vita a quattro giorni (dal 18 al 21 dicembre) colmi di iniziative culturali.

Laboratori creativi, presentazione di li­bri, giochi interattivi, letture, fumetti e bu­rattini, concerti all’aperto tra cui quello di Eugenio Finar­di e la proiezione del film “La trattativa”, cui è stata pre­sente la stessa regista, Sabi­na Guzzanti. 

Il Castello di Federico 

E’ stato come se il Castel­lo di Federico di Svevia, simbolo della magnificenza passata della città, fosse tor­nato a splen­dere, contornato stavolta da una corte di cit­tadini (piuttosto che di sud­diti), che partecipando agli eventi hanno riscoperto come autodeterminarsi sia sempre possi­bile, purché at­traverso atti concreti anzi­ché chiacchiere. 

La vera novità è stata tut­tavia la presen­tazione del progetto Libreria diffusa, che prevede la creazione della rete di bibliote­che popolari i cui punti nevralgici sono proprio i quartieri meno fortunati, meno felici in cui sono sorte: la Librineria a Li­brino, la biblioteca GAPA-Giovanbattista Scidà a San Cristoforo e la libreria sociale Mangiacarte (itinerante, ma da poco riap­propriatasi di una sede) fanno eco a quella costituita dai ragazzi di Gammazita.

E invece dioperare in un clima competi­tivo hanno deciso di dare vita a una rete: la loro unione farà una forza che ha tutti i requisiti per diventare portatrice di cam­biamenti positivi.

Non è interessante soltanto il fatto che si tratti di biblioteche costituitesi attraver­so le donazioni spontanee di comuni citta­dini: come ripetono i protagonisti di que­sta avventura, ciò che più conta è che fi­nalmente si proverà a scrollare la patina di esclusività che, da sempre e in molti con­testi, adorna il mondo dei libri.

“Entrando in una biblioteca o in una li­breria spesso ci si sente a disagio nel con­tatto fisico che si stabilisce con il libro. Qualche addetto ti guarda male: hai paura di sporcarlo, di rovinarlo. Ecco: qui non sarà così.” fa uno dei ragazzi di Gam­mazita. “Non immaginiamo la biblioteca GAPA-Scidà come un luogo silenzioso e severo ma piuttosto vivo, dove le voci dei bambini non vengano censurate ma fac­ciano da sottofondo a un scambio sociale sempre aperto che tenga conto anche e so­prattutto dei bambini”, aggiunge un vo­lontario del GAPA.

“Incoraggeremo la conoscenza dei libri attraverso il contatto diretto: saranno i no­stri bambini ad aiutarci nella catalogazio­ne dei libri. Li toccheranno con mano sco­prendo come sono fatti. Questo sarà il pri­mo passo!” aggiunge una rappresentante della Librineria.

Tutti concordano sul fatto che se c’è il rischio che qualcuno prenda in prestito un libro senza restituirlo poco im­porta.

Si lavorerà insieme su questo aspetto,ma è comunque un rischio che vale la pena di affrontare se consentirà in qualche modo di affilare le armi della conoscenza in quartieri disagiati come questi, dove di lottare con si finisce mai. 

Un unico database online 

È la libreria sociale Mangiacarte a pro­porre il progetto Libreria diffusa in cui sa­ranno coinvolte le biblioteche già menzio­nate e qualche altra, come quella di Red militant.

Un progetto che prevede un unico data­base online con tutte le liste di tutti i libri di tutte le biblioteche popolari per agevo­lare gli scambi qualora un libro che per esempio manchi a San Cristoforo sia inve­ce disponibile a Librino.

Insomma sarà uno di quei casi in cui una rete, invece che imprigionare, libere­rà: dall’ignoranza, dall’indifferenza e da tutte quelle ostilità che ci impediscono di es­sere una società migliore.

Scheda/ Sant’Agata

UNA FESTA DI LEGALITA’?

La festa di Sant’Agata è una delle tre più grandi del mondo. Ogni anno il Comune assicu­ra che stavolta andrà tutto bene. Ma com’è an­data davvero lo veniamo a sapere sempre dopo. E anche quest’anno…

Da anni si parla delle infiltrazioni mafio­se nel­la festa. Una candelora che si “annaca” e si in­china sotto casa di un boss mafioso è insoppor­tabile, anche perché la disposizione data alle candelore è quella di precedere il Fercolo e non di andarsene ognuna per conto proprio.

I portatori di ceroni, nonostante l’ordinanza di non accendere i ceri, l’hanno fatto lo stessso di prepotenza. Bancarelle abusive da per tutto, no­nostante le promesse di un maggiore control­lo. Niente ba­gni chimici, previsti dalla legge.

Eppure il Comitato per la legalità nella festa il 31 gennaio aveva mostrato un cauto ottimismo. Il portavoce Renato Camarda ci aveva anticipa­to le novità: “isole della legali­tà” in piazza Pale­stro e Cavour; un nuovo “ca­povara” nella perso­na di Claudio Consoli, vice del precedente e ap­partenente al “Circolo S. Agata” (in passato sot­to osservazione della ma­gistratura per connes­sioni con le famiglie vicine ai Santapaola); più controllo sulle bancarelle abusive.

Silenzio invece sulla sostituzione definitiva del cerimoniere della festa, l’irremovibile cava­liere Maina, ultraottantenne, da sempre là per volere dei sindaci di destra e centrosini­stra. Il venerabi­le cav. Maina appare sugli atti giudiziari dei pen­titi di mafia, che negli anni ’90 lo citano come co­lui che partecipava alle “passeggiate” delle can­delore che facevano “l’inchino” davanti alle case dei boss del quartiere Monte Po.

Un cam­biamento vero sa­rebbe di far entrare nella ge­stione della festa il Comitato e le asso­ciazioni aderenti, insieme a Comune, Prefettura e Arci­vescovato.

Dopo la festa, nella conferenza stampa del 14 febbraio, al Comitato c’era meno ottimimo: “Ci aspettavamo una festa più ordinata, ma dobbia­mo rilevare che siamo ancora lontani da una so­luzione”.

Insomma, prima si parla di una festa senza mafia ed illegalità, e poi si fa una festa con tan­ta illegalità e mafia. Due facce di una città gover­nata nella menzogna e nell’incapacità di ostaco­lare mafia ed illegalità. Il “Comitato per la legali­tà nella festa ” non l’ha capito.

Cara Agata, mi sa tanto che hanno chiuso i cancelli dopo che la mafia è entrata…

Giovanni Caruso

Gapa

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