giovedì, Aprile 25, 2024
CronacaInchieste

Il sindaco, il vicesindaco… Una storia proprio sgarbata

“Non solo il sindaco Sgarbi – rapportano gli ispettori – ma anche il vicesindaco, Antonella Favuzza, era molto corrivo verso il “don” del paese, Pino Giam­marinaro

A Salemi, Comune che ha visto ap­pena sciolti per inquinamento mafioso i propri organi politico amministrativi, Giunta e Consiglio, non vi era, a legge­re il rapporto ispettivo condotto dai funzionari incaricati dal prefetto di Trapani, Marilisa Magno, alcun argine ad impedire l’influenza dell’ex deputa­to democristiano Pino Giammarinaro per il quale il Tribunale di Trapani ha applicato nei recenti anni la sorve­glianza speciale e adesso è tornato a ri­proporre un nuovo dibattimento per l’applicazione di un ulteriore periodo di sorveglianza speciale accompagnata anche da un massiccio sequestro di beni, nell’ordine dei 30 milioni di euro.

Tra l’on. Giammarinaro, ex capo della corrente andreottiana della Dc trapanese, e la mafia i contatti non si sarebbero mai interrotti.

E i vertici politici del Comune nemme­no avrebbero posto precisi paletti.

Anzi, il sindaco Sgarbi prima e il vice sindaco, Antonella Favuzza dopo, si sono più che prodigati per “sentenziare” sulla inesistenza della mafia e sull’esercizio di un diritto politico dell’on.Giammarinaro che a loro dire avrebbe avuto piena legit­timità nell’occuparsi dell’ amministrazio­ne cittadina quale in­discusso leader poli­tico.

Discutibile, sempre secondo Sgarbi e Favuzza, e altri soggetti, la descrizione che di Giammarinaro danno gli organi investigativi e giudiziari.

Col tempo queste posizioni sono cam­biate, nel senso che ad un certo punto per Sgarbiu, Favuzza, e “loro” soci, Giam­marinaro avrebbe smesso di interessarsi al loro operato, nonostante un ex asses­sore, come Oliviero Toscani, il famoso fotografo, chiamato da Sgarbi al “capez­zale” di Salemi, ha raccontato ai pm di Palermo che le interferenze, con fare ma­fioso, non si sono mai interrotte.

E’ pesante la relazione del Viminale sull’inquinamento mafioso di Salemi, re­lazione successiva alle procedure di ac­ceso decise dal prefetto Magno, i cui ispettori per molti mesi, tra giugno e di­cembre 2011, hanno lavorato al Comune spulciando decine e decine di atti pubbli­ci, delibere, determine, provvedimenti amministrativi.

E’ una relazione che scardina il sistema degli alibi e delle giustificazioni che sono state addotte dai protagonisti di questa vicenda all’indomani dell’opera­zione di sequestro dei beni contro l’on.­Giammarinaro, eseguita da Polizia e Guardia di Finanza.

In quelle indagini, condotte dal pool anticrimine diretto dal primo dirigente di Polizia, Giuseppe Linares, si faceva rife­rimento oltre che agli interessi di Giam­marinaro nel mondo della sanità, anche alla parte politica delle intromissioni dell’on.Giammarinaro, ed i politici chia­mati in causa, a cominciare da Sgarbi si sono oltremodo sgolati per gridare al complotto e per dire che non era niente vero di quello che si andava leggendo nel rapporto d’indagine infine firmato dal questore Esposito e consegnato ai giudici che hanno fatto scattare il maxi sequestro preventivo.

Oggi la relazione del ministero dell’Interno è drastica.

Tanto drastica che questa stessa rela­zione ha portato il Viminale ad ottenere dal Tribunale di Marsala una appendice che non sempre viene applicata per tutti i casi di scioglimento delle amministrazio­ni per inquinamento mafioso e cioè la di­chiarazione di incandidabilità del prof. Sgarbi e del suo ex vice sindaco Favuzza per le elezioni in Sicilia.

E questo perché, secondo il Viminale, nel procurato inquinamento mafioso l’ex sindaco, e l’ex vice sindaco, hanno preci­se responsabilità. Insomma non sono par­te lese.

La radiografia del Municipio è inquie­tante, si parla di soggetti, amministratori, funzionari e impiegati con precedenti giudiziari e di polizia messi a controllare determinate branche del Municipio, quel­le più delicate, e ancora il fatto che rap­porti di relazione con soggetti anche pre­giudicati o sospettati mafiosi venivano condotti alla luce del sole, e i vertici del Comune, a cominciare dal sindaco Sgar­bi “non possono dire di non sapere”.

“Il vice sindaco è legato da stretti vin­coli con noti e storici esponenti delle lo­cali famiglie criminali… il vice sindaco nell’esercizio del proprio mandato eletto­rale non ha posto in essere alcun serio ef­fettivo contrasto al condizionamento po­sto in essere (dall’on.Giammarinaro ndr) ma ha invece perseguito nel corso del proprio mandato finalità volte a incre­mentare i propri interessi economici in ciò coadiuvato da soggetti con precedenti per reati associativi e contigui alle locali cosche malavitose”.

Questo passaggio è contenuto nella re­lazione.

Il riferimento alla presenza a livello lo­cale di cosche malavitose “fa giustizia” di quella che fu la prima dichiarazione del sindaco Vittorio Sgarbi quando si in­sediò al Municipio dopo la sua elezione a sindaco, e cioè che la mafia non esisteva più come organizzazione, e che se esiste­va era per la presenza di qualche mafio­so, che non dava più fastidio a suo dire, e che perciò la cosa migliore era fare un museo dedicato alla mafia, quasi che fos­se qualcosa appartenente alla storia e fos­se anche qualcosa da prendere dalla sto­ria e mostrare al pubblico come se la ma­fia fosse da esporre alla pari dei beni arti­stici che finiscono nelle teche musea­li.

Per Sgarbi poi la mafia esisteva perché c’era una antimafia che doveva avere per propri tornaconti ragione di esistere.

Il ministro Anna Maria Cancellieri su questo lo ha smentito con dati di fatto.

Evidenziando per esempio l’antimafia di facciata perseguita a proposito di ap­palti pubblici.

E ad essere “calpestato” in questo caso è stato il nome del generale Carlo Alber­to Dalla Chiesa.

Il Comune di Salemi risulta avere ade­rito al protocollo di legalità che porta il nome del generale e prefetto di Palermo ucciso dalla mafia negli anni ’80.

Si tratta del protocollo di legalità che vede concordemente coinvolti i ministeri dell’Interno e dell’Economia e la Regio­ne Sicilia.

A Salemi c’è stata l’adozione a fronte di una serie di gare di appalto “ma i con­tenuti del protocollo non sono stati ri­spettati dall’amministrazione comunale che avrebbe dovuto richiedere per una serie di imprese le certificazioni antima­fia sia per appalti di opere pubbliche sia per le gare di aggiudicazione di servizi”.

E così è potuto accadere che i lavori di ristrutturazione del Palazzo Municipale “sono stati aggiudicati ad impresa il cui titolare è stato in carcere per reati contro la pubblica amministrazione, turbativa degli incanti e utilizzo di dati falsi” .

Se fosse stata chiesta la certificazione alla prefettura questo appalto non sareb­be potuto andare a chi è stato invece as­segnato.

Altro tema toccato dalla prefettura e dal ministero dell’Interno, quello dei contributi.

In particolare di quelli relativi alle ri­costruzioni post-terremoto.

C’è una commissione che se ne occu­pa, e l’ispezione prefettizia ha messo in evidenza che ad occuparsi di queste cose sono stati nel tempo molto spesso sog­getti che non avevano la dovuta profes­sionalità e che possedevano semmai altro genere di “requisiti” che in quel contesto sarebbero stati tenuti in maggiore consi­derazione, e cioè la frequentazione “con soggetti contigui ad ambienti mafiosi”.

Per non parlare poi “dei conflitti di in­teresse” c’era chi faceva parte la com­missione e nel frattempo era destinatario della liquidazione dei contributi.

Speculazione in bella vista, si è cercato di camuffare ogni cosa intestando a terzi le proprietà destinatarie dei contributi, un assessore, Salvatore Angelo, nel 2011 è stato condannato per truffa aggravata.

Contro il Comune le accuse anche di non avere vigilato sull’utilizzo dei con­tributi.

Per essere chiari: nel periodo novem­bre 2008-settembre 2011 sono state liqui­date 356 domande di contributo, solo per sei sono state attivate le procedure per rientrare in possesso delle somme, nel solo mese di agosto 2011, quando arriva­rono gli ispettori prefettizi quell’ufficio che praticamente non aveva controllato nulla in quei soli 30 giorni risulta avere avviato 22 verifiche.

Altra smentita che arriva al sindaco Sgarbi è quella dei debiti fuori bilancio, non ce ne sono ebbe a dire e se ci sono, risultano di modesta entità, e invece agli atti c’è una intercettazione di un collo­quio tra lui e l’on.Giammarinaro: c’era da sostituire un assessore e l’on.Giam­marinaro fu sentito consigliarlo (ma non sarebbe stato un consiglio, ma quasi un ordine) di nominare un assessore che fos­se espressione di una certa maggioranza di consiglieri così da avere garantita l’approvazione in Consiglio dei debiti fuori bilancio.

Non è frutto di fantasia degli investiga­tori la circostanza che l’on.Pino Giam­marinaro ha partecipato a riunione di Giunta.

Anche questo è un passaggio della re­lazione del ministro Cancellieri: “è in questo modo che è stata esercitata l’influenza nelle decisioni amministrati­ve e se non direttamente attraverso fidati personaggi….a casa dell’on.Giammari­naro furono scritti alcune parte di un bi­lancio di previsione”.

Tra i casi che possono anche far sorri­dere quello di un assessore al Patrimonio (Bivona) che si era vista negare da Sgar­bi l’autorizzazione a usare un locale co­munale (l’asilo) per una festa di Natale e però lo spettacolo in quella scuola mater­na fu fatto lo stesso “con l’autorizzazione dell’on.Giammarinaro”.

Tra gli altri casi che fanno sorridere meno quello della gestione dei beni con­fiscati: inerzia e condizionamento eserci­tato dall’on.Giammarinaro sono stati po­ste alla base del mancato utilizzo di alcu­ni beni, come i 70 ettari di terreno confi­scato al narcotrafficante mafioso Totò Miceli, uomo di Matteo Messina Denaro.

La relazione evidenzia come quel ter­reno stava per essere assegnato all’asso­ciazione Aias il cui titolare non è altro che un uomo del “sistema” affaristico impianto nella sanità dall’on.Giammari­naro, associazione che su altri versanti emerge come perennemente favorita dal Comune a proposito di elargizione di contributi pubblici.

Quel terreno confiscato oggi resta inu­tilizzato e di recente l’agenzia nazionale dei beni confiscati ha revocato il posses­so al Comune.

Passaggio significativo di questa vi­cenda è quello che ad un certo punto in una intercettazione quando sembrava che il terreno potesse essere assegnato e ridi­ventare produttivo, assegnato a Slow Food che avrebbe voluto gestirlo assieme all’associazione Libera, il sindaco Sgarbi espresse nettamente la sua contrarietà, dicendo un chiaro “a quelli di don Ciotti no” e rivolto ad un assessore chiese: “Pino che ne pensa”.

Sgarbi comunque ha deciso di non de­mordere, e rivolto a Napolitano, con estrema confidenza, gli ha scritto, “hai firmato un cumulo di menzogne”.

Bugiardo non lui ma gli altri, come al solito. Scene già viste, purtroppo accade che c’è chi gli dà credito a Cefalù, dove si è candidato, non abbandonando la sfi­da, con una lista dal nome eloquente, “concorso esterno”, chiaro riferimento al concorso esterno in tema di mafia, altro terreno messo in discussione.

Proprio dal Pd locale qualcuno ha mes­so in discussione una interrogazione par­lamentare di altri deputati del Pd che chiedono al ministro di mettere fine alla sceneggiata “sgarbata”.

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