venerdì, Aprile 26, 2024
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Il prezzo della cultura

Nella città di Bellini i teatri continuano a morire

“Il problema è vivere coi finanziamenti a singhiozzo, con la promessa che arriveranno” mi spiega Mauro col suo inconfondibile accento sardo. È da quindici anni tecnico del Massimo Bellini e con molto orgoglio mi mostra il retroscena del teatro.

Poi continua: “Tutti gli anni ci imbattiamo con i tagli della Regione. Il teatro Massimo Bellini è l’unico ente teatrale finanziato dalla Regione e se questa decide di darci un milione in meno, noi dobbiamo accontentarci. Da un finanziamento di ventuno milioni di euro nel 2004, siamo arrivati ora a undici milioni e trecentomila euro: dieci milioni in meno in quindici anni. Se noi ancora oggi riusciamo a fare produzione è perché nel 2004 eravamo circa trecentoventi dipendenti, contro i duecentoventi di oggi. Però abbiamo la necessità di un finanziamento da parte della regione di tredici milioni e mezzo. Attendiamo di avere un reintegro, perché non riusciamo a coprire gli ultimi tre-quattro mesi dell’anno. I politici poi si trovano sempre con le spalle al muro e non si prendono la responsabilità di chiudere un’istituzione come il teatro Massimo”.

Quest’asta a chi offre sempre meno alla cultura, oltre al Bellini, coinvolge anche il teatro Stabile di Catania. “Noi ancora non abbiamo ricevuto il compenso contributivo del 2018 e nemmeno è iniziata un’operazione di contribuzione nel 2019. Mancando al bilancio questi soldi, non si può programmare e ciò significa non dare alla città la giusta cultura che merita” afferma Salvo. È da più di vent’anni tecnico delle luci allo Stabile, eppure ha lo sguardo spento quando parla. “I tagli effettuati dalla Regione e anche dal Comune gravano sul teatro Stabile che purtroppo vive di contributi, soprattutto di enti locali e del Ministero. Il nostro teatro è stato negli ultimi tempi martoriato e ciò nuoce pure alla salute del personale, perché quando i lavoratori vedono che il loro posto di lavoro traballa, portano queste preoccupazioni a casa: diventa anche un problema sociale”.

Sul dissesto, entrambi sono ottimisti e propongono un’alternativa, già adottata altrove, che potrebbe risollevare le sorti della città. Infatti Mauro racconta: “Se si fanno delle buone produzioni ed anche importanti, si può attirare un pubblico internazionale. La Sicilia potrebbe campare di turismo e di teatro. Io ho anche chiesto come sindacalista di puntare su un festival come quello dedicato a Verdi a Parma. Un festival su Vincenzo Bellini potrebbe essere un motivo di rilancio per le finanze pubbliche della città”, per il bene di una città diventata la sua seconda casa.

“Catania è una città di grandi nomi della cultura.” aggiunge Salvo sistemandosi gli occhiali. “Credo che la cultura si sposi col turismo. Abbiamo un teatro greco romano e un odeon che è l’unico teatro al mondo al cui interno scorre un fiume e per i turisti che vengono a vederlo è veramente qualcosa di straordinario. Si potrebbero attivare dei tour operator come avviene in tutte le città d’arte. In Grecia, ad esempio, si organizzano dei viaggi solo per andare a vedere gli spettacoli classici. Da noi questo nemmeno è preso in considerazione”.

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