mercoledì, Aprile 24, 2024
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I due piatti della bilancia

L’avvocato Rosario Cattafi, imputato a Messina per i reati di associazione a delin­quere di stampo ma­fioso e calunnia, “mi­naccia” in aula l’avvo­cato Fabio Repici, di­fensore di molti fami­liari di vittime di Cosa nostra

Entrambi hanno studiato legge all’u­niversità e sono poi diventati avvocati, ma mentre uno ha deciso di mettersi al servizio della mafia, l’altro ne è diven­tato uno dei più strenui combattenti.

Uno si chiama Rosario Pio Cattafi con­siderato dalla procura di Messina – se­condo molte e convergenti risultanze in­vestigative, raccolte nell’arco di oltre vent’anni – il capomafia di Barcellona Pozzo di Gotto e il trait d’union tra la fa­miglia catanese di Nitto Santapaola, la politica, la massoneria coperta e gli am­bienti dei servizi segreti.

Le vittime della mafia

L’altro è Fabio Repici, difensore di So­nia Alfano (figlia del giornalista Bep­pe assassinato dalla mafia), di Piero Campa­gna (fratello di Graziella, ammaz­zata per un’agendina compromettente), di Adolfo Parmaliana (lo scienziato messi­nese che ha sacrificato se stesso per la lotta all’illegalità), della famiglia dell’urologo Attilio Manca (la cui morte rimane av­volta nel mistero, a dispetto della “verità” processuale e ufficiale), del col­laboratore di giustizia Carmelo Bisognan­o, di Salvatore Borsellino (fra­tello del giudice Paolo) e dei figli di Bru­no Caccia (procuratore della Repubblica di Torino ucciso il 26 giugno 1983).

Nomi eccellenti – invertendo diame­tralmente il punto di vista – si riscontra­no anche nel “curriculum vitae” dell’av­vocato Cattafi.

I rapporti col Gotha mafioso

Pregiudicato per i reati di lesioni (è stato riconosciuto colpevole di aver ag­gredito brutalmente a Messina nel di­cembre 1971 cinque studenti universitari in concorso con Pietro Rampulla (l’artifi­ciere della strage di Capaci), porto e de­tenzione abusivi di arma (condannato per aver detenuto un mitra Sten dal quale venne esplosa una sventagliata all’inter­no della Casa dello studente di Messina nella notte tra il 27 ed il 28 aprile 1973), di cessione di sostanze stupefacenti e di calunnia, Cattafi è stato testimone di nozze del boss barcellonese Giuseppe Gullotti (condannato a trent’anni di re­clusione come mandante dell’omicidio Alfano e, secondo il pentito Giovanni Brusca, colui che ha fornito, il teleco­mando della strage di Capaci).

Hanno fatto il nome di Cattafi diversi collaboratori di giustizia come Maurizio Avola, Angelo Epaminonda, Federico Corniglia, Giuseppe Chiofalo, Angelo Siino, Carmelo Bisognano, Umberto Di Fazio, Eugenio Sturiale e Giuseppe Mi­rabile, rilasciando numerose dichiarazio­ni sui rap­porti intercorsi nel tempo tra l’avvocato barcellonese e Nitto Santapao­la, Stefano Bontate, Piddu Madonia e Totò Riina.

Il primo a denunciarne lo spessore

Lo conosce bene, Saro Cattafi, Fabio Repici. È stato fra i primi, oltre a Sonia Alfano e Beppe Lumia, a denunciarne lo spessore criminale analizzando e appro­fondendo le dinamiche della famiglia mafiosa barcellonese e la sua centralità all’interno dell’organizzazione criminale Cosa nostra.

Più volte le loro strade si sono incro­ciate nelle aule dei tribunali. Come nella vicenda relativa all’omicidio del procura­tore torinese Bruno Caccia. Il legale della famiglia del magistrato ha chiesto la re­visione del processo anche in base ad al­cuni documenti ritrovati proprio in casa di Cattafi.

E durante una delle ultime udienze del processo – iniziato a Messina il 17 otto­bre – con rito abbreviato ai vertici della mafia di Barcellona Pozzo di Gotto sca­turito dall’indagine “Gotha III” rilascian­do dichiarazioni spontanee Cattafi ha pronunciato queste affermazioni: «Avrei dovuto prendere a schiaffi l’avvocato Fa­bio Repici, mi pento di non averlo fatto…auguro con tutto il cuore all’avvo­cato Repici di subire tutto quello che ha fatto subire ad altri». Frasi che ci riporta­no, secondo Sal­vatore Borsellino, “al cli­ma gelido del maxi-processo”.

Le calunnie di Cattafi

Già in precedenza Cattafi aveva espressamente accusato Repici di essere il promotore di un ipotetico complotto ai suoi danni ma, ad eccezione di quelle di Sonia Alfano e Beppe Lumia, nessuna voce istituzionale ha difeso Repici di fronte a queste affermazioni per cui Cat­tafi viene processato per calunnia.

“Altro che complotto”

Sul presunto “complotto” denunciato dall’imputato, il Gip messinese Micali ha ritenuto però : «Priva di verosimiglianza si atteggia, allo stato delle risultanze, la proposta interpretativa offerta dall’inda­gato (Rosario Cattafi ndr). Che le propa­lazioni accusatorie mosse dal collabora­tore (Carmelo Bisognano, ndr) costitui­scano, cioè, un momento di un più artico­lato complotto ispirato da bieche finalità di ordine politico rappre­senta, allo stato, mera allegazione rimes­sa al dato labiale dell’indagato, non priva di conclamati profili di inverosimiglianza e, come tale, persino di carente capacità suggestiva».

SCHEDA

Processo Cattafi: il figlio del boss difensore del Centro Pio La Torre

Nell’udienza del 18 ottobre del processo a Rosario Cattafi, è accaduto l’incredibile. Il figlio dell’uomo accusato dei essere il “capo dei capi” della famiglia barcellonese, l’avvocato Alessan­dro Cattafi, si è presentato in aula come sostituto dell’avvocato Ettore Barcellona, difensore del Centro Pio La Torre, parte civile nel processo.

«Si è trattato di un gravissimo oltraggio alla memoria di Pio La Torre e di un fatto davvero sconcertante: il figlio del boss recluso al 41bis ha potuto rappresentare per delega il difensore del Cen­tro Pio La Torre, parte civile contro il padre – ha riferito So­nia Alfano, Presidente Crim (la Commissione antimafia europea, ndr) e parte civile nel processo in qualità di Presidente dell’Asso­ciazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia –. Succede anche questo a Messina. Tutto ciò – ha prodeguito la Alfano – avveniva mentre il vertice della mafia barcellonese, Rosario Pio Cattafi, calunniava me, mio padre, il mio legale e altri». Il giudice ha rile­vato l’incompatibilità dell’avvocato Cattafi, già difensore di un al­tro imputato nello stesso processo.

Il Centro Pio La Torre ha comunicato che la delega in bianco sarebbe stata illecitamente sottratta in udienza da Cattafi e da questi riempita e consegnata al cancelliere.

C.C.

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