sabato, Aprile 20, 2024
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Frutti di mare

Fu una mangiata memorabile!

Anzitutto frutta di mare, cioè polipi minuscoli e teneri come molliche, occhi di bue arrostiti sulla brace, con olio, prezzemolo, limone e peperoncino rosso. Poi la donna ci portò gli spaghetti con la salsa delle vongole. Il fotografo mi guar­dò, alzando un dito, come si vede nelle statue di San Paolo dinnanzi al Filisteo. Disse:

«Ecco, questi sono buoni spaghetti!».

Ne arrotolò lentamente una forchettata e la intinse adagio nel sugo, poi con un pezzettino di pane ci sistemò sopra alcu­ne grosse vongole e, con una mossa pie­na di garbo, se la portò alla bocca. Al pri­mo assaggio di ogni pietanza egli è solito chiudere gli occhi per concentrarsi sul sapore, e così infatti eseguì. Concluse in­fatti:

«Buoni, solo a Milazzo ne ho mangiato di così buoni. Un giorno a Milazzo co­nobbi una donna, una straniera, mi pare un’austriaca o una svizzera, sembrava al­lupata. Che notte! Sai, una di quelle don­ne che poi ti la­sciano segni di morsi in tutto il corpo… Avevamo mangiato spa­ghetti con le von­gole, le fecero un effetto strano, questo è un mangiare molto afro­disiaco. Ah, ora mi ricordo, si chiama­va Magdalena, era rossa di ca­pelli, molto pelosa, dice che le svizzere pelose sono molto sensuali!».

La padrona dell’osteria ci aveva porta­to almeno trecento grammi di spaghetti a testa, con le vongole grosse come tuorli d’uova, e li mangiammo tutti, e ci be­vemmo sopra almeno mezzo bicchiere ad ogni im­mane forchettata.

L’aria si era fatta greve e immobile, quel sole sembrava piantato con i chiodi in cima al cielo, pareva davvero che fos­se tornata l’estate, a picco sul mare si scorgevano le rovine di un edificio, forse un vecchio castello, o un fondaco.

Pensavo: alla fine mi andrò a stendere lassù, in mezzo all’erba, voglio stare un’ora coricato a gambe larghe a fumare e guardare il mare!

La donna venne con quel suo sorriso misterioso, e così camminando e sorri­dendo, lei e il fotografo si guardavano negli occhi come due che si apprestasse­ro a fare all’amore.

Ci portò due grandi porzioni di tonno, con salmeriglio di olio, limone, origano, aglio e pepe nero. Un’altra bottiglia di vino e pane bianco. Il il fotografo fece un minuscolo sorriso adescante, spalancò un occhio solo ed ebbe proprio la voce dell’amante che propone una audacissi­ma variante erotica. Sussurrò: «Non ci sarebbero anche gli spiedini!».

La donna restò qualche istante a don­dolarsi adagio sui suoi cento chili, con il medesimo sorriso della femmina la quale sta per concedersi, ma ancora gioca un poco, vuole farla pagare cara. Fischiò dolcemente qualcosa fra i denti, io istin­tivamente pensai che fosse soltanto un gemito di concupiscenza. Non avevamo ancora finito quella fetta di tonno, che ci portò infatti gli spiedini, il cui solo odore era tramortente.

Ora voi, leggendo, liberi di pensare che io mi stia inventando questo pranzo. Del resto questa riviera sul mare d’Africa, queste immense spiagge gialle, con le rocce rossastre che improvvisamente ta­gliano la vastità, con i piccoli porti d’acqua autunnale, verde e immobile, sono sempre quaggiù, si tratta di scoprire dov’è il buon mangiare. Questa osteria con la padrona che, ridendo, fischia, oppure un’altra. Se vi aggrada, io posso prestarvi il mio fotografo per condurvi. In realtà quel giorno mi accadde una cosa stupefacente, cioè più mangiavo e più mi veniva fame. Gli spiedini erano sottili listerelle di legno, lunghe una trentina di centimetri, alle quali erano stati infissi giganteschi gamberoni, l’uno separato dall’altro da fettine di limone intinte nel sale e in un lieve pulviscolo di pepe rosso. Così erano stati lentamente rosolati sul fuoco. Il fotografo volle il vino rosso, e poiché obiettavo che trattandosi di pesce sarebbe stato meglio il bianco, mi volse un sorriso di tenero disprezzo:

«Balle! Dove c’è il peperoncino e il fuoco, il vino deve essere rosso! Il giorno che morì mia zia ci portarono un “conso­lo” di gamberi e vino dell’Etna, diome­nescansi, mio zio il quale prima piangeva e si voleva sparare, alla fine cominciò a raccontare barzellette, ci fece morire tutti dalle risate, il prete diceva: vade retro… ma rideva anche lui come un pazzo!».

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