domenica, Aprile 28, 2024
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E’ nata la tv delle donne: “FimminaTv”

«Sai che nella Locride erano frequen­ti i matronimici? Insomma qui erano le donne a dare il nome ai figli». Nominare le cose non significa anche crearle?
Fimmina tv è un’emittente con un solo mese di vita, è nata in Calabria, nella Lo­cride, a Roccella Jonica per la precisione. Ha debuttato il primo settembre su canal­e 684 del digitale terrestre. Quello che la rende speciale si intuisce dal nome. No, non è una televisione destina­ta ad un pub­blico femminile. Fimmina tv non esclude nessuno, ma a farla – questa televisione – sono giornaliste donne. Quasi tutte alme­no. L’idea è stata di Raffaella Rinaldis, ora direttrice. Ha una voce chiara, sottile. Nata a Chivasso, vi­cino Torino, si è tra­sferita in Calabria a sei anni, e lì è diven­tata giornalista.
«Ho lavorato per quindici anni scriven­do di nera e giudiziaria. Nella Lo­cride, le notizie che contano sono queste: i morti ammazzati. Poi ad un certo punto mi sono chiesta se questo fosse davvero l’unico modo per raccontare questo terri­torio. Possiamo inventarcelo un modo nuovo? ».
E se lo sono inventato davvero questo modo nuovo di raccontare, partendo dal­le donne. Le donne di questa Calabria anco­ra troppo sconosciuta per chi viene da fuori: luoghi pieni di storie, ma spesso così silenziosi. E sbaglia chi interpreta quel silenzio come omertà. E’ solo segno di una strana fierezza. La Calabria è una terra cocciuta, e i boschi della Locride sono boschi fitti dove puoi perdere anche il nome. Per generazioni le donne hanno scelto quel silenzio. La Calabria è una ter­ra strana, così quieta in superficie, così impetuosa dentro.
Raffaella è una donna luminosa, inna­morata di suo marito, una roccia che l’ha sempre sostenuta. È una giornalista con un’innata attitudine al viaggio. È andata in giro per tutta Europa, ma non è solo que­sto. L’amore per il viaggio è qualcosa di più profondo: la scoperta del nuovo, dell’inesplorato. I viaggi nelle storie de­gli altri.
«Nella mia esperienza ho capito che le donne sono quelle che vogliono raccon­tare, che si vogliono identificare in altre storie. Non si tratta di vivere altre vite, ma di trovare coraggio in quello che racconta­no gli altri. Se vivi solo il tuo dram­ma, le tue esperienze, ti senti sola al mondo. Condividendo, ascoltando, riesci a trovare la forza che prima ti mancava».
La squadra è composta da quindici gior­naliste dai ventidue ai quarant’anni, ma anche gli uomini danno una mano. Ci sono tecnici, registi, montatori e un croni­sta, Antonio Falcone, che si occupa di ci­nema e cultura. Ma Fimmina tv non è solo una televisione, né solo un modo onesto di fare informazione.
«Non volevo creare solo una televisio­ne ma un nucleo di persone che stanno insie­me. Donne che ho incontrato nell’arco della mia vita e che ho portato con me. Mi danno tanto sia da un punto di vista uma­no che professionale. Certo i problemi sono tanti, ma stiamo cercando di superar­li. È meraviglioso: quando una di noi è depressa, l’altra la tira su e vice­versa. È un continuo reciproco. Ma stare insieme è così bello, che se ne sono ac­corti anche i nostri mariti, e i padri delle più giovani».
«Credo che alla fine – continua a vulca­neggiare Raffaella – quando fai qual­cosa di buono la maggior parte delle per­sone finisce per emularti. Certo, non puoi spe­rare che lo facciano tutti. Ma se facend­o questo lavoro avremo spinto an­che una sola ragazza a sviluppare il suo senso cri­tico, beh, allora potremo dire di aver fatto qualcosa».
Nel mondo del giornalismo italiano i vertici della piramide sono garantiti al sesso maschile. Un esempio: le donne di­rigenti in Rai sono solo il 4%. Molti pe­riodici destinati ad un pubblico femmini­le sono gestiti da uomini. Raffaella non ci sta, non perché sia femminista, ma perché le sembra sciocco.
«Una donna sa raccontare una donna. È una verità inattaccabile. E poi quel gior­nalismo lì è marketing. Non siamo un og­getto commerciale, non veniteci a dire quello che ci deve piacere. Noi non com­battiamo una battaglia femminista. Loro hanno un percorso storico molto impor­tante alle spalle, ma noi non com­battiamo in nome di un ideale. La nostra unica de­nuncia è quella contro le discri­minazioni, quella femminile è solo un simbolo, ma noi le combattiamo tutte».
E se discriminare significa lasciare che il pregiudizio annulli l’incontro con la di­versità, allora, il primo pregiudizio che queste donne vogliono combattere è quel­lo sulla propria terra: «Locride sinonimo di ‘ndrangheta. Vero? No. Non va bene. Vogliamo tra­sformarla, questa parola. Locride signifi­ca Magna Graecia, cultura, una natura me­ravigliosa. Il nostro territorio storicamen­te è stato ca­ratterizzato dal matriarcato. Qui non c’erano i patronimici, ma i matronimici: era la donna a dare il nome».
Ernesto De Martino, in Mondo Magi­co, racconta che quando nasceva una donna l’acqua del parto veniva buttata nel cami­no. Quando veniva partorito un uomo, l’acqua veniva buttata fuori casa. È affida­to all’uomo “il fuori”, alla donna viene consegnata la cura dell’interiorità. Questo a noi donne ha consegnato un bel fardello: proiettate all’interno, sensibili, emotive. La modernità ha preso l’acqua del nostro parto e l’ha buttata fuori casa insieme a quella degli uomini. Eppure ancora ci rimproverano di essere troppo inclini all’introspezione.
La verità è che ci piace ascoltare, ci pia­ce creare calore. Raffaella ha creato un luogo, ha chiamato le sue colleghe più giovani ad esercitare il mestiere. «C’è an­che una signora di cinquant’anni nella squadra. Ha cominciato ora, a fare la gior­nalista».
A Milano forse, ci sarebbe stata meno sorpresa davanti a una faccenda come questa. Chi viene dal nord si stupisce di trovare donne emancipate nel cuore della Locride, come se davvero questa terra fosse rimasta al medioevo. Raffaella vuol raccontare questo territorio, anche per sfa­tare certi miti. Non sarà un tv solo anti­mafia.
«Parleremo di tutto, perché è tutto un territorio che dobbiamo raccontare. Il fat­to che in Calabria ci siamo moltissimi co­muni sciolti per mafia è un fatto gravissi­mo che non esitiamo a denunciare. Ma non è l’unico fatto grave. Nella Locrid­e c’è un forte fenomeno di prostituz­ione, molte ragazze sono sparite. Nes­suno ne sa più nulla. Ecco, queste sono notizie su cui non si può tacere».
Raffaella parla spedita, non si ferma mai. Racconta sorridendo: «Ho registrato la testata della tv l’otto marzo. È stata una pura combinazione: i documenti del consiglio dell’Ordine non arrivavano mai, e poi sono arrivati proprio quella mattina. Ho chiamato la cancelleria per sapere se il tribunale quel pomeriggio fosse aperto: “Si, vieni” mi hanno rispo­sto le impiega­te. Hanno tenuto aperti gli uffici apposta per farmi registrare. Chia­mala sorellanza: una strana energia che permette che ogni donna condivida la gioia dell’altra».

Scheda: Donne e tv in Europa

La ricerca dell’Osservatorio eu­ropeo sulle rappresentazioni di genere (OERG), nato all’interno dell’Osservato­rio di Pavia, dal titolo: “Chi fa notizia in Europa?”, ha considerato i dati relativi ai telegiornali in prima serata delle due principali tv, una pub­blica e una privata, di cinque paesi eu­ropei: Italia (Tg1 e Tg5), Francia (France 2 e Tf1), Germa­nia (Ard e Rtl), Inghilterra (Bbc1 e Itv1) e Spagna (Tve e Telecinco).
La ricerca ha indagato tre ambiti in particolare: chi fa notizia nei tg, cioè le persone di cui si parla e quelle intervistate, chi dà e fa le notizie, quindi conduttori, giornalisti e corrispondenti, infine ha studiato come sono confezionate le notizie in una pro­spettiva di genere. Fra i tg che danno maggiore visibilità all’universo femminile ci sono Francia e Spagna, il nostro Paese si attesta invece all’ultimo posto con la quota di presenza femminile più bassa di tutti i tg, inoltre le donne sono presenti come rappresentanti della gente comune e raramente ricopro­no ruoli autorevoli, come per esempio quello dell’esperto. Mediamente le donne fanno notizia come vittime due volte più degli uomini (12% contro il 7%). Sul fronte del chi da o fa le notizie risulta che nel 54% dei casi i telegiornali sono con­dotti da donne e l’Italia presenta un dato curioso con il suo 58% si colloca in­fatti ben 4 punti sopra la media. Per quanto riguarda poi la centralità femmi­nile nelle notizie le donne sono raramen­te messe al centro, solo l’8% delle noti­zie è focalizzato su di loro. A fare notizia sono soprattutto gli uomini, tranne nella cronaca nera, ma a dare le notizie come conduttrici e giornaliste sono le donne. Le donne sono poco presenti nell’infor­mazione politica, soprattutto in Italia e Inghilterra (11% in entrambi i casi). Si distingue invece la Francia dove le noti­zie di politica nei tg includono maggior­mente le donne. Si nota poi una forte di­cotomia fra i ruoli “comuni” più rappre­sentati dalle donne e i ruoli “autorevoli” rappresentati dagli uomini, l’Italia sotto questo punto vista registra la maggiore segmentazione, tra gli esperti intervistati nei tg italiani solo il 10% è di sesso fem­minile (contro il 90% del sesso opposto), mentre ben il 66% delle opinioni popola­ri è dato da donne.

Scheda: Giornalismo e servizio pubblico

Secondo un sondaggio realizzato per la prima volta nella storia della Rai sui propri giornalisti – i cui risultati sono sta­ti presentati al convegno “Immagine femminile e ruolo del servizio pubblico” organizzato dalla Commissione Pari Op­portunità dell’Usigrai l’8 marzo scorso – la situazio­ne del nostro Paese è tutt’altro che rassicurante.
Il dato che emerge di più è quello sull’età: la Rai infatti risulta essere un’azienda vecchia, la som­ma dei giornalisti tra i 40 e i 65 anni corrispon­de all’82,99% dell’intero campio­ne mentre quelli tra meno di 30 anni fino ai 40 rappresentano solo il 16,99%. Altro dato sensibile è l’alta percentua­le di gior­nalisti che non hanno figli (il 43,77%), quasi esclusiva­mente i colleghi maschi hanno dichiarato di avere più di un fi­glio, a testi­monianza che riuscire a conciliare lavoro e famiglia per una donna gior­nalista risulta ancora molto difficile. In totale il personale gior­nalistico del­la Rai è di 1.656 unità di cui 1.097 uomini e solo 559 donne.
Tra i dirigenti (direttori, capiredattori, capiservizio e rispettivi vice) solo il 4% sono donne e nel ruolo di direttore sono solamente due, Bianca Ber­linguer al Tg3 e Barbara Scaramucci a Rai Teche. Il massimo livello rag­giungibile per le giornaliste sembra essere quello di caposervi­zio.

2 pensieri riguardo “E’ nata la tv delle donne: “FimminaTv”

  • Mariateresa Toscano

    Vivo a Milano ma sono di Roccella peccato che non posso seguire i vostri programmi televisivi, comunque è molto bello far conoscere altri aspetti della locride e non solo quelli delittuosi .La tele gestita da sole donne è un valore aggiunto, buon lavoro

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  • Vi auguro che la vostra voce venga ascoltata anche fuori della sicilia. In bocca al lupo e… buon lavoro.

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