sabato, Aprile 20, 2024
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Dietro la strage

Quarantatrè ragazzi as­sassinati dai mafiosi perché manifestavano contro i politici corrotti

“Mexico, ten fe y no te rindas, porque más poder le da al tonto gobierno”

“Messico: abbi fede e non arrenderti perché daresti più potere allo stupido governo”.

Così si legge in uno dei cartelloni che continuano a colorare le innumerevoli manifestazioni per i desaparecidos di Ayo­tzinapa in tutto il Messico, che sono scomparsi lo scorso 26 settembre: 43, meno uno ritrovato da pochi giorni, di cui sono stati accertati i resti; oltre a sei per­sone morte ed una in coma. Ma su queste morti non è calato il silenzio.

Il governo di Enrique Peña Nieto non è riuscito a placare la guerra invisibile co­minciata dal suo predecessore Felipe Cal­deron, anzi. La sua volontà di apparire come il riformatore e soprattutto salvatore del Paese si scioglie tra le invadenti cifre che sottolineano l’escalation di violenza e corruzione cha hanno invaso il Messico, e che sono riportate dal settimanale ZETA del 5 Dicembre 2014.

Neanche il mediocre decalogo del Pre­sidente per un nuovo piano di sicurezza, formulato a due mesi dalla strage di Ayo­tzinapa, riesce a nascondere la grande strage. Sono cifre, sono persone. Sono la conseguenza tangibile della situazione di corruzione e mafia che vive oggi il Messi­co.

In due anni quarantamila omicidi

Grazie ad un’attenta analisi dei dati, ZETA riporta che dal 1 dicembre 2012 al 31 ottobre 2014 vi sono stati 41.015 omi­cidi dolosi in Messico: a diffe­renza del mandato di Calderon, durante il quale sono stati 33.239, gli omicidi non sono più concentrati per lo più nello stato di Chihuahua ma altresì nel Distretto Fede­rale di Città del Messico (13% del tota­le).

Per quanto riguarda le desapariciones forzadas, che in Messico sono un fenome­no abbastanza comune, perdura la grave espansione del problema: durante i primi 23 mesi del governo Calderon si riportano 21.920 indagini premilinari per omicidio doloso (di cui più di 7.000 non hanno mai trovato identità certa), mentre con Nieto si arriva addirittura a 33.186.

Un capitalismo diventato criminale

Questa guerra invisibile però non è ope­ra predominante dei cartelli del narcotraf­fico. Qui operano parti dello Stato, autori­tà federali e statali, che con l’appoggio dei narcotrafficanti portano avanti un’econo­mia capitalistica diventata criminale, di­ventata mafiosa. Il capitalismo contempo­raneo infatti non può rinunciare alla ma­fia, perché non è la mafia che si è trasfor­mata in una moderna azienda capitalista, ma il capitalismo che ha trasformato sé stesso in un’organizzazione mafiosa.

Il crimine di stato attuato ad Ayotzinapa è parte di una più ampia strategia di mili­tarizzazione del Messico che ha lo scopo di reprimere i movimenti sociali e le clas­si popolari. Il NAFTA (ovvero l’accordo “North American Free Trade Agreement”) ha bisogno infatti di una garanzia militare per gli investimenti corporativi transna­zionali che attua nel paese, affinchè il po­polo non opponga resistenza, dopo essere stato espropriato delle sue terre e ridotto spesso in miseria.

Dalle miniere all’agrobusinnes, dal set­tore energetico alle banche, il Messico è stato sottomesso dalle lobby internaziona­li ed attraverso il Plan Mexico ha assunto il ruolo militare di garante per l’interna­zionalizzazione degli investimenti nel suo territorio.

Col pretesto del narcotraffico

Grazie al narcotraffico, inoltre, l’econo­mia messicana si è stabilizzata, con un’entrata media di 25 miliardi di dollari annui nell’economia del Paese, ed una estesissima realtà di collusione con la po­litica ed il mondo imprenditoriale.

La “guerra al narcotraffico” di cui tanto si parla è il pretesto utilizzato per milita­rizzare il Paese e giustificare una repres­sione sistematica di ogni possibile dissen­so, ed inoltre per sequestrare e recludere legal­mente il maggior numero possibile di “in­citatori alla resistenza”, per diffondere la paura e minacciare la società civile con il controllo totale delle azioni pubbliche e private.

Il Plan Mexico finanziato dagli Usa

Ma il governo messicano non è solo. Se tutto ciò avviene quotidianamente è per­ché esistono interessi internazionali in Messico. Il Plan Mexico è stato finanziato con più di tre miliardi di dollari dal gover­no Usa e il supporto america­no of­ferto sia al governo Calderon sia al gover­no Nieto non ha fatto altro che con­tribuire all’asso­luto stato di impunità per co­loro che vio­lano i diritti umani, condu­cono le spari­zioni forzate ed i massacri di inno­centi, instaurando la corruzione e la vio­lenza sempre più nella quotidianità del paese.

Ed Ayotzinapa non è estranea a tutto ciò. La strage del 26 settembre 2014 non è un errore, una reazione esagerata delle au­torità alla minaccia di ribellione degli stu­denti ad un comizio cittadino.

I fatti di Ayotzinapa rientrano nella stra­tegia, sono un messaggio, che, se per la comunità in­ternazionale rimane scono­sciuto, mira a comunicare a selezionati destinatari un messaggio preciso: ci siamo e vi control­liamo.

La scuola Normale Rurale di Ayotzina­pa infatti è stata fondata nel 1926, e come tutte le altre scuole di questo tipo è basata sull’idea del Messico post rivoluzionario di portare l’educazione al popolo, massifi­care l’educazione rendendo centrale quin­di la formazione di nuovi professori, nor­malistas.

La tradizione sociale delle scuole

Nel periodo del governo Cardenas le scuole rurali hanno incorporato l’idea dell’educazione socialista ed in particolare quella di Ayotzinapa ha alimentato sempre più la tensione con il governo centrale messicano.

Nelle sue aule si sono formati personag­gi politici e rivoluzionari come Lucio Ca­bañas Barrientos, Genaro Vázquez Rojas y Othón Salazar che hanno guidato orga­nizzazioni come il Partido de los Pobres, la Federación de Estudiantes Campesinos Socialistas de México (FESCSM)e la Asociación Cívica Guerrerense.

Come conseguenza, la normale rurale di Ayotzinapa è considerata da sempre come un autentico semillero de guerrilleros, oscurando l’attivismo politico e sociale che contraddistingue la scuola.

Rivendicavano i diritti

Negli anni quindi, gli studenti e gli in­segnanti della scuola normale rurale di Ayotzinapa hanno continuato a rivendica­re i loro diritti davanti alle riforme ed alle restrizioni economiche attuate dal gover­no federale e statale, ed i fatti dello scorso 26 settembre non sembrano slegati dalla volontà di “limitare” ed impaurire l’azione degli attivisti.

Sui fatti di Ayotzinapa non si è fatta an­cora chiarezza: non è chiara la dinamica, non è accertata la tempistica, non è verifi­cata la motivazione riportata dalle Autori­tà. Non si sa il perchè di questi attacchi, che sono stati molteplici – almeno quattro in diversi punti della città, e non si sa quanti realmente vi erano coinvolti, alme­no cinque autobus, dalla ricostruzione più recente.

Cosa nasconde il governo?

In tutta questa ambiguità è necessario quindi provvedere ad investigazioni ap­profondite, che vista la situazione attuale del Messico, non possono essere gestite internamente al paese.

La richiesta dell’associazione Libera, che in Messico collabora da diversi anni insieme a molte realtà di base del paese, è di istituire una Commissione Indipendente per la Verità e la Giustizia, che sia seguita dall’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.

Se il Messico non ha nulla da nasconde­re, la garanzia di questa Commissione sarà solo di giovamento al suo governo. In caso contrario, non sarà comunque più possibile cercare di zittire e scoraggiare la società civile messicana, ya se desperta­ron, ed insieme al loro urlo di giustizia per le migliaia di desaparecidos, ormai a moltissime latitudini si chiede verità.

Perché vivos se lo llevaron, y vivos los queremos: il Messico dopo Ayotzinapa non sarà più lo stesso.

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