giovedì, Aprile 25, 2024
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Caso Maniaci. La lenta verità cammina

Stabilita di fatto la falsità delle accuse di coinvolgimento con mafiosi

Pino Maniaci non sarà giudicato insieme ai presunti mafiosi di Borgetto coinvolti nell’operazione Kelevra di maggio 2016. È la decisione della seconda sezione del tribunale di Palermo, presieduta da Benedetto Giaimo, che ha accolto la tesi dei legali di Maniaci Bartolo Parrino e Antonio Ingroia, i quali avevano avanzato la richiesta di stralciare la posizione del giornalista di Telejato in quanto i reati a lui contestati “erano molto meno gravi di quelli degli altri imputati”. Dunque Maniaci verrà processato separatamente, davanti a un giudice monocratico, anziché davanti al giudice collegiale come aveva precedentemente disposto il GUP su richiesta del PM. “Un’altra palese ingiustizia è stata sanata – dichiara Ingroia –. I giudici ci hanno dato ragione, così come ci avevano dato ragione la scorsa udienza sul via libera alle riprese audiovisive del processo, vista la sua evidente rilevanza sociale”.

foto Pietro Marino
Pino Maniaci alla redazione di Telejato . Foto Pietro Marino

Lo scorso luglio, i magistrati avevano chiuso le porte alle telecamere, respingendo la richiesta di Radio Radicale di riprendere il processo, per mancata rilevanza sociale. Poi il dietrofront, dello scorso 20 settembre, dopo l’arringa degli avvocati di Maniaci, con il Presidente Giaimo che ha espresso parere favorevole alle riprese audiovisive per documentare il processo a carico del giornalista che d’ora in poi si svolgerà in un’altra aula del tribunale: si attende la fissazione della nuova data dell’udienza. “Prosegue la battaglia per stabilire la verità, e cioè la totale estraneità di Maniaci alle accuse che gli sono state ingiustamente mosse – aggiunge Ingroia –. Giustizia sarà fatta solo quando Maniaci sarà dichiarato innocente e gli verrà restituito l’onore che merita”.
Probabilmente l’avvocato si riferisce al coinvolgimento di Pino Maniaci nell’operazione Kelevra, la stessa che portò alla sbarra diversi mafiosi e presunti tali. Un accostamento che non è piaciuto al giornalista, che ha più volte ribadito di non avere niente a che fare con gli altri imputati – accusati a vario titolo di estorsione aggravata e associazione mafiosa – e che, viene da pensare, non è piaciuto neanche al presidente Benedetto Giaimo dato che ha ritenuto opportuno condividere la tesi di Parrino e Ingroia di processare Maniaci a parte e non insieme ai boss.

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