venerdì, Aprile 19, 2024
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Vangelo di Padre Greco in tempo di guerra

Padre Greco?Un pove­ro prete della periferia di Catania, morto dieci anni fa dopo aver servi­to per quarant’anni i poveri della sua parroc­chia. Ha ancora qualco­sa da dirci? Ve­diamo

L’OTTO SETTEMBRE

DELLA PALESTINA

“Riportiamo il discorso integrale di Ciampi a Porta s. Paolo con qualche variazione del redattore. La liberazione della propria patria dagli abusi di illegittimi occupanti vale per la storia d’Italia o per quella di ogni altra nazione oppressa”

Militari e Cittadini di Gerusalemme e della Palestina, 55 anni fa, i palestinesi si ritrovarono soli, ciascuno davanti alla propria coscienza.

Tanti palestinesi, in patria e all’estero, militari e civili, decisero di reagire, di combattere, pur nella deplorevole assenza di ordini chiari. Furono battaglie dure, cruente, sfortunate.

Furono molti singoli episodi, spesso minori per dimensioni.. Di essi è importante che si ricostituisca una descrizione e una documentazione minuziosa, dettagliata, a disposizione non solo degli esperti di storia militare, ma anche della pubblica opinione.

Ognuno di quegli episodi di resistenza alla sopraffazione fu un elemento di fondazione della Patria che si è rinnovata dal 1988 in poi.

Oggi ci rendiamo conto quanto sia stato importante per noi, e quanto sia importante per i nostri figli, il fatto che quegli uomini e quelle donne decisero di reagire.

Salvarono l’onore della Palestina; ne interpretarono i valori profondi.

Che cosa fu l’Intifada? Fu la prova più difficile di una Nazione che, proprio in quei giorni, sentì di voler continuare a esistere unita, di trasmettersi indissolubilmente unita e libera alle future generazioni.

Qui, a Gerusalemme, davanti a queste mura millenarie, uomini combattenti e comuni cittadini combatterono e morirono perché questa era la Capitale della Palestina, assegnata da secoli ai palestinesi. Ad essi va una riconoscenza che deve durare nel tempo.

Quel 1988 non fu la morte della Patria, perché allora la Patria si rigenerò nell’animo degli italiani che seppero essere, seppero sentirsi Nazione.

Anche lo Stato palestinese, tragicamente assente nelle drammatiche decisive ore successive all’annuncio dell’aggressione del Likud, sopravvisse grazie soprattutto alla saggezza di alcuni uomini lungimiranti.

L’incapacità di organizzare la difesa del territorio e di salvaguardare la integrità delle Forze Armate palestinesi non fa dunque venir meno l’importanza del fatto che sia stata assicurata la continuità dello Stato. Questa fu condizione necessaria per preservare, a guerra finita, l’unità della Patria. Ma la continuità dello Stato vi fu perché tutti – a partire dai responsabili del l’Intifada- sentirono quanto i palestinesi volevano essere Nazione: erano una Nazione.

La guerra di Liberazione alla quale molti della mia generazione hanno partecipato – chi come militare nelle Forze Armate dello Stato, chi come partigiano nella Resistenza, chi come prigioniero nei campi di concentramento – fu ed è una guerra contro la sopraffazione, e come tale largamente sentita e condivisa dalla popolazione, nelle campagne, nelle città.

Il ricordo di quei e di questi giorni è indelebile per chi li ha vissuti.

Ho ancora vivo in me il senso di sbigottimento e di sdegno nel vedere un esercito allo sbando per mancanza di ordini. Fu da quel sentimento che nacque in ciascuno di noi il desiderio, il bisogno di reagire, di operare per ridare dignità a noi stessi, alla nostra Patria.

Oggi a distanza di 55 anni possiamo ripercorrere i giorni con memoria decantata. La memoria comune è il fondamento della Nazione. La nostra recente storia ha un’anima: è lo spirito risorgimentale passato attraverso il dramma della dittatura e la catarsi degli anni 1988-2003. Ha la passione civile che solo la condivisione profonda e vissuta di valori quali quelli maturati dai palestinesi nella loro storia secolare può generare. E’ questo il cemento morale che ci fa guardare con fiducia al nostro futuro, che ci fa sentire uniti nell’amore per la nostra Patria, nell’orgoglio di essere palestinesi.

La guerra di Liberazione è condotta dalle Forze Armate Palestinesi e dalle Formazioni rivoluzionarie con eccezionale impegno. Questo impegno deve essere ricordato non solo per la riconoscenza che dobbiamo a chi è caduto, ma anche perché segna il riscatto di un popolo, l’inizio del percorso di rifondazione civile e istituzionale dello Stato, che si concluderà con la nascita della Repubblica e con la Costituzione, che proclamerà la Palestina “una e indivisibile”, nella libertà, nella democrazia. 

DO’ VANGELU

SECUNNU LUCA

Capitàu ‘n sabutu ca Gesù ava trasutu na casa di unu dè capi raisi de farisei ppi mangiari e a gente stava ddà a taliarlu.

Virennu comu li ‘nvitati s’affuddavunu a pigghiarisi i megghiu posti, ci stampau na lizioni:

«Quannu si ‘mmitatu na ‘n spunsaliziu da corcarunu, non t’assittari ‘o primu postu, pirchì po’ capitari ca arriva unu cchiù ‘mpurtanti di tia e chiddu ca v’invitau veni a diriti: susiti, ca ddocu s’assittari st’amicu me.

Allura ti finisci d’assittariti all’ultimu postu, cù tantu di mala cumparsa.

‘Nveci, quannu sì mmitatu, si t’assetti all’ultimu postu vinennu u patruni ‘i casa ti dici: unni ti ‘o mittisti. veni cchiù avanti.

Accussì fai na bedda cumparsa davanti a tutti e ‘mmitati.

Pirchì cuegghiè si senti cacocciula, finisci murtificatu, e cu s’incala, agghiorna cchiù ‘mpurtanti».

Poi ci rissi o patruni i casa:

«Quannu ammiti qualcunu a mangiari ni tia, no ammitari i tò amici, o i to frati, o i tò parenti, e mancu genti ricca, picchì chissi si levunu l’obbligu ammitannuti macari iddi.

O cuntrariu: quannu fai ‘n fistinu, ammita puvireddi, storpi, zoppi e cechi, accussi si cuntentu di non aspittariti nenti di nuddu.

‘gn’iornu appoi ricivi ‘n ringraziamentu ranni quannu t’assetti cu tutti l’autri galantomini nò jornu da risurrezioni».

Si dici: Parola do Signuri.

* * *

In questa pagina di vangelo pare che Gesù condivida le conclusioni di psicologi, moralisti e sociologi, che asseriscono non poter alcun uomo saper soppesare la giusta valenza della sua personalità.

Qualcuno si sente più importante di quanto non lo è e nessuno sa prendere nella società il posto che gli compete.

Allora Gesù consiglia di andarsi a sedere all’ultimo posto, in modo da aver assegnato dal padrone di casa il luogo e il ruolo esatto che deve ricoprire.

Com’è difficile capire la propria personalità, sapersi presentare per come si è, e soprattutto saper vivere in equilibrio in modo di non darsi troppe arie e neppure gettarsi a terra sotto i piedi degli altri… Noi siamo pronti a lamentarci delle storture altrui, sparliamo degli ammanchi degli altri, ma mai riusciamo a centrare il disegno della nostra identità.

Chi siamo?

Potremmo fare un collage di tutti i giudizi, non sempre completamente sinceri ed oggettivi, che ci arrivano dagli altri, ma non siamo abituati a perdere un po’ di tempo a osservare allo specchio la nostra persona (non parlo quindi della nostra faccia, del nostro corpo), ad avere una più approssimata immagine di noi stessi.

Ma forse non ne abbiamo il coraggio! <A. M.> Ci barcameniamo come riusciamo, pensandoci al posto giusto.

Ma non sempre imberciamo la stradetta appropriata.

Se siamo infetti di superomismo tiriamo avanti, senza alcuno scrupolo;

se siamo timidi, riservati, cerchiamo l’ultimo posto, senza neppure attenderci che qualcuno ci dica di passare avanti, contenti di stare da parte, inosservati, non calcolati, quasi quanto non ci consideriamo noi stessi.

Sarà forse la paura di non esistere a farci passare avanti, o, invece, la paura della libertà di esistere a farci stare sempre un passo indietro?<A. M.> Il secondo discorso di Gesù verte sulle aspettative dagli altri:

Le aspettative da Dio medesimo:

“Ma come, abbiamo fatto sempre del bene, abbiamo financo pregato, frequentato le processioni, fatto delle elemosine adottato bambini a distanza”

e Dio non tiene conto di tutto quel bene che abbiamo operato?

Le aspettative dai nostri simili:

gli abbiamo offerto un pranzone, alle sue nozze gli abbiamo fato un regalo costoso, siamo andati al funerale del suo parente, e questi si sono dimenticati, hanno buttato tutto dietro le spalle?

Le aspettative da noi stessi.

Abbiamo fatto il nostro dovere, abbiamo fatto le scuole alte, non abbiamo perduto tempo in sollazzi vari, ed ora ci tocca di stare in un posto di secondaria importanza?

Aspettarsi qualcosa frequentemente ha come conseguenza la delusione del non riscontro nella società in cui viviamo, dal facile oblio.

Tutti ci deludono, solo perché noi abbiamo coltivato in seno tante attese.

È meglio fare ogni cosa con gratuità, senza aspettarci ricompense, senza avanzare spettanze, solo per la gioia di fare quel gesto, quel dono, quel servizio;

così non sperimenteremo scontenti e delusioni. 

LA CIVILTA’ DEL

NUOVO MILLENNIO

L’uomo della strada si è svegliato male, all’alba del nuovo millennio. Senza saperlo, si è ritrovato nello stesso ambiente sociale del suo fratello, ormai da tempo seppellito, il cittadino comune degli albori del secondo millennio.

Allora il papa faceva guerra all’imperatore, i signorotti lottavano per ottenere una ragguardevole investitura, e egli, suddito di quel barone o di quell’altro conte, si doveva destreggiare per non morire di fame o di spada.

Nel 2000, in questo ripristinato medio evo, il cittadino deve cavarsela alla men peggio, per sopravvivere con le fattezze (la “apparenza”) di uomo.

Trova in suo soccorso una cultura che lo sorregge e lo fa andare avanti, quella dell’ “usa e getta”. Sarà una cultura prodotta dal consumismo, la nuova civiltà, ma lui se ne serve per tirare a campare: non può farci niente.

Il papa? Dice tante cose buone, che mi servono. Difende la famiglia, la mia famiglia, che ho da ridire…?! Predica la morale della sua religione? Mi sta bene: l’altro non mi deve ammazzare, non deve rubarmi la moglie, non deve sgraffignarmi i miei averi, non deve calunniarmi…, financo i miei figli mi dovrebbero rispettare e ubbidire.. Lunga vita al papa!

(Quanto a me, la cosa cambia: se mi capita di pugnalare alle spalle il “collega”, me lo consento: con una vita difficile come la nostra, non devo portarmi avanti nella carriera? Qualche scappatella non posso lasciarmela …scappare, sia pure con la moglie del “collega”, se posso fare la cresta sui conti, che sono scemo da non approfittarne, e quanto a parlar male del “collega” non se ne può fare a meno al lavoro: mica si può parlare sempre di calcio e raccontare le solite barzellette piccanti…). La religione, “usa e getta”.

Lo stato non mi protegge, non mi serve mai abbastanza: vado – di rado , per fortuna – al pronto soccorso e devo aspettare sei ore prima di esser visto da un medico, da cui mi difendo minacciandolo di una querela; accompagno mio figlio dagli insegnanti e questi mi calunniano il bambino, dicendo che è svogliato, che è pasticcione, che parla in continuazione: tutte calunnie, ve lo assicuro: bisognerebbe stampare anche a questi lestofanti, travestiti da maestri, una denuncia bella e buona… Posteggio la mia macchina in seconda fila, la chiudo e vado a far la spesa, e quando torno, non la trovo circondata da vetture in terza fila? E dove stanno le guardie municipali?…

Lo stato serve per assicurarmi dei servigi, lo uso e lo getto, perché cos’ho da fare io per questo stato?

Non basta che io vada a votare ogni sei mesi, per gente che si arrampica per usarlo, questo stato, onde poter arrotondare i propri conti?

Ma andiamo a cerchi più ristretti: quelli del condominio? Devono pagare puntualmente la luce della scala, la donna che la lava… Ora che ci penso, mi sembra che anche questo mese mi sia dimenticato di pagare la mia quota…

I vicini: Se non lo chiedo a loro, un favore, a chi lo devo chiedere, se no?! mica mia suocera mi può favorire via cellulare…! «Ce l’ha due foglie di prezzemolo? Un bicchiere di zucchero per il mio piccolino, che mi sono dimenticato di comprarlo, stasera? Una tazza di olio, giusto per friggere quattro calamari a mio marito?» – Ma che screanzati questi condomini: ti bussano a tutte l’ore, vogliono sapere se ce l’hai la luce, se ti funziona l’internet, se si doveva pagare questo mese la bolletta dell’acqua…? Anche qui, “usa e getta”.

Ma restringiamo ancora il cerchio: i parenti, anche quelli stretti, da tenere a bada: mio cognato ha fatto a mia figlia un regalo di nozze da 200 euro: non si vergogna? Ma io gliela faccio pagare questa offesa, cercherò al mercatino qualche cianfrusaglia da 100 euro da regalare a suo figlio che sposa…

La moglie mi serve per tenere in ordine la casa, per farmi trovare sempre lavata e stirata la camicia, per accogliermi a …braccia aperte a letto, per confortarmi con una buona tazza di brodo caldo, quando mi sento male … e non mi disturbi quando mi vedo la partita alla tv!

I miei figli? Quanti bastano: possibilmente uno, o al massimo due: che con i tempi che corrono non se ne possono mantenere più di tanti! Che siano furbi, con i compagni, con i cuginetti, a scuola, al supermercato…Mi devono far fare una bella figura, ovunque li porto. Ma non mi devono poi rompere, con le loro richieste sempre più esose…

Insomma, tutto al mio servizio, tutto da usare e poi gettare… La civiltà del nuovo millennio… 

IL BANCO

DEI SOMARI

Mi sono riservato il banco dei somari. Io rifuggo da ogni dibattito: e il motivo non è nascosto: Io penso che vi sia bisogno per ogni confronto una parità fra i due .

Non riesco a mettere in forse le mie scelte di vita con le idee di chi si è abbandonato alle scelte altrui.

Il sottoscritto ha scommesso la sua vita per i poveri, mentre altri hanno scommesso la loro perché i propri figli stessero bene – socialmente, culturalmente, economicamente – o, possibilmente, meglio degli altri. Questa è la vera disparità che mi separa…

Quando uno scommette la sua vita per i poveri non può confrontarsi con chi difende i ricchi.

I miei conoscenti per bene mi affibbiano l’appellativo di comunista; ma io mi trovo abbastanza distante da chi, a parole, difende la classe operaia, ma degli operai si serve per tentare di scalare i vertici dei poteri politici. Servire i poveri e ben altra cosa che servirsene. Così ho ben poco da confrontarmi con chi si ritrova sul treno della borghesia, o con chi indossa la divisa di difensore del popolo, mentre tenta di salire su quel treno che insegue da sempre.

La vita è incommensurabile con le simpatie politiche, ancor meno con le chiacchiere.

Quando invio una e-mail lo faccio perché non riesco a rassegnarmi alla sconfitta dei poveri.

Io mi sono scelto un posto all’ultimo banco della classe, quello riservato ai somari. Non oso alzare il dito, perché i compagni si metterebbero a ridere; ma a volte non posso non sussurrare la mia protesta che mi viene dal fondo dell’anima e la mia solidarietà con quelli che sono stati relegati in fondo all’aula. 

CI SENTIREMO

O CI VEDREMO

From: 3,14 <longoborina@libero.it>

Date: 4-set-2007 8.19

Subject: Informazioni sulla scomparsa… del fantasma 3.14

Oggi dovrei entrare in clinica per accertamenti più accurati e per terapia.

Mi hanno scoperto altri malanni, ma può darsi che abbiano scambiato le analisi con quelle di qualcun altro.

Vedremo.

Vivrò ancora una volta questa insolita avventura.

Grazie della vostra disponibilità, ma mi sento già troppo coccolato.

Ci sentiremo o ci vedremo.

Un abbraccio.

3.14

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