venerdì, Aprile 19, 2024
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Per che cosa

Di chi sono Mozart e Leopardi? Mozart è dei bambini di San Cristoforo – li vedete. E Giacomo Leopardi? E’ di Librino: è un ragazzo di qua che l’ha portato, e l’ha messo in bei versi siciliani. E vedete anche questo. Qua, su queste pagine, intitolate col nome del massimo scrittore siciliano moderno, Giuseppe Fava.

Catania, città del sud, ha le sue facoltà e i suoi, come si dice, intellettuali. Sanno parlare benissimo, nei convegni. Ma di Leo­pardi e di Mozart – e di Giuseppe Fava – non sanno tanto. Certo, non quel che ne sanno i nostri ragazzini di strada, vissuti fra emarginazione e dolori e più di chiunque in grado di compren­dere – quando l’incontrano – la poesia e la bellezza. Certo, non è stato facile portarle da loro; ma così è stato. Un cammino lun­ghissimo, iniziato moltissimi anni fa, ma che adesso è il loro.

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Che parola antipatica, “antimafia”. “Anti” la mafia, “anti” i padroni mafiosi, “anti” bavaglio… “Anti”: ma “per” che cosa?

Ecco: esattamente per questo. Perché Luciano e Maria e Car­melo e gli altri ragazzi e giovani dei quartieri, che voi condanna­te a una vita buia e senza luce, possano vivere la buona vita che invece meritano, che meritiamo tutti noi esseri umani. Con la loro arte, la loro poesia, la loro musica, e la gioia di distribuirle liberamente. Sa sarete a Catania, fra pochi giorni, avrete la for­tuna di ricevere i doni – per quanto milionari voi siate – di que­sti ragazzi ricchissimi dei nostri poveri quartieri.

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Noi non dimentichiamo mai neanche per un momento che qui, fra i padroni di Catania, ci sono esattamente gli stessi di trent’anni fa (sempre un solo giornale, imposto a tutti; sempre gli stessi affari, sulla pelle dei poveri; sempre città devastata). Non facciamo finta, come gl’intellettuali perbene, che sia arrivato il momento di commemorare il passato. Non ci tiriamo indietro ri­spetto al dovere civile, che è di lottare. Lottiamo perché bisogna, ma non diventiamo guerrieri. Lottiamo per Leopardi e per Mo­zart, e per i nostri ragazzi, non per odio o rancore. Questa è la nostra eredità. E quando per un momento ce ne allontaniamo, ben venga chi ci ricorda il cammino giusto.

Cominciano così i secondi trent’anni dei Siciliani. Fraterna­mente, allegramente, col coraggio dei poveri, non all’altezza di niente ma non intimoriti da niente.

I Siciliani

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