sabato, Aprile 20, 2024
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Nel Nord del Nord come nel Sud più desolato

Trento. La tipica fabbrica media italiana, frigoriferi per tutto il mondo. Una storia produttiva e sindacale sempre d’avanguardia, mai una smagliatura. E come va a finire?

Un gruppetto sparuto di universitari arriva fuori dalla fabbrica in segno di solidarietà: “protestiamo anche per voi” urlano

Per i suoi quarant’anni lo stabilimento della Whirlpool di Spini di Gardolo (zona industriale e manifatturiera del capoluogo) si era regalato proprio una bella festa. Le lodi dell’assessore all’Industria della Provincia Autonoma Olivi e la benedizione del vescovo Bressan avevano ricordato a tutti l’importanza della fabbrica di frigoriferi, passata negli anni di padrone in padrone ma rimasta punto di riferimento del territorio. Gli operai più anziani per l’occasione avevano anche aperto il loro libro dei ricordi, rievocando i loro inizi quando, neoassunti dell’allora Ignis del “cuménda” Borghi, avevano dato il via al ’68 trentino insieme agli studenti di Sociologia, pezzo della storia italiana.

Il brusco risveglio è arrivato il giorno dopo quando la Whirlpool Italia ha annunciato i tagli: 1000 posti in tutto il Paese tra Trento, Varese, Napoli e Siena. Una beffa che per Trento significa circa 70 posti di lavoro in meno tra il 2012 e il 2013 su 532 dipendenti. Produzione che dovrebbe scendere di centomila pezzi l’anno (attualmente sono più di mezzo milione). 

Nello stabilimento è tornata la paura, come nel 2007. Quattro anni fa ci pensò la Provincia, pressata dai sindacati, a risolvere tutto: mise mano al portafoglio ed acquistò per 45 milioni di euro lo stabilimento, lasciandolo in uso alla Whirlpool e “convincendo” così l’azienda a restare. 

Oggi la questione è, se possibile, più complicata. Su “L’Adige”, uno dei tre quotidiani locali, prende la parola Mauro Girardi, ex direttore dello stabilimento dal 1992 al 1999, quando la Whirlpool sfornava a Trento più di un milione di frigoriferi all’anno. L’ex manager vive oggi in Toscana, dove produce olio di oliva tra le colline della Maremma. Girardi mette in guardia l’opinione pubblica sui possibili scenari futuri: in base alla sua esperienza, tra Trento e Varese ne potrebbe rimanere soltanto una.

Il vantaggio di Varese è che attualmente detiene una produzione più alta (700 mila pezzi all’anno) e il quartier generale in Italia; quello di Trento  è la buona produttività ed i bassi costi. Perché lo stabilimento di Spini possa farcela bisogna incrementare la produttività. La gara tra i lavoratori è ufficialmente aperta, tanto che il giornale titola “Whirlpool, è sfida Trento contro Varese”.  Per la cronaca nello stabilimento lombardo i licenziamenti saranno circa 600.

I sindacati trentini hanno già aperto un tavolo di confronto con il managment dell’azienda chiedendo l’attuazione di contratti di solidarietà per ridurre il numero di licenziamenti e ammortizzatori sociali per gli operai più vicini alla pensione (ma sono pochi ormai visto che lo strumento dei prepensionamenti è stato usato anche qualche anno fa). E naturalmente un piano industriale serio di investimenti che possa dare un futuro al sito produttivo (per il 2012 l’azienda investirà 2,8 milioni di euro nello stabilimento). La Provincia è pronta a fare di nuovo la sua parte: riapre il portafoglio e ristruttura il “suo” capannone per abbassarne i costi di gestione. 

Intanto i media locali si riempiono di storie di famiglie che temono di perdere tutto, soprattutto quelle dove entrambi i coniugi lavorano in fabbrica. Alcuni sembrano rassegnati, altri, orgogliosi e fieri, invocano la lotta e lo sciopero, “ma qua in tanti hanno paura” ammettono. “Stracarichi di lavoro”, “cronometrati neanche fossimo Superman” come dicono loro, accetteranno forse anche di istituzionalizzare il secondo turno, quello dalle 15.30 alle 23.30. Intanto un gruppetto sparuto di universitari arriva fuori dalla fabbrica in segno di solidarietà: “protestiamo anche per voi” urlano. Dall’altra parte dei cancelli partono gli applausi. Ma il ’68, oggi, sembra lontano più secoli che anni.

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