giovedì, Ottobre 10, 2024
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Mafia oggi: tutti fuori appassionatamente, e il mafioso diventa antimafioso

Una diffusa linea di giornalismo sta cercando di accreditare, già da qualche anno, la credenza che la mafia sia alle corde, che tutti i principali mafiosi sono stati arrestati, che ancora non c’è, non emerge nessuno in grado di riallacciare le fila dei grandi interessi economici dei mafiosi, sia per quel che riguarda i traffici di droga e di armi, sia per quel che riguarda il controllo del territorio. Niente di più falso. La mafia ha sempre mostrato una grande capacità di rigenerarsi, di cambiare pelle, di puntare sulle magre o sulle pingui risorse del territorio che controlla e di gettarsi su di queste come mosca sul miele. E quindi, cominciamo con il distinguere i grandi mafiosi, quelli alla “Messina Denaro”, che si muovono da un continente all’altro e hanno interessi con giri di miliardi, soprattutto fuori dalla Sicilia, e i mafiosetti locali che non sanno spostarsi dal loro territorio, vi sono attaccati come sanguisughe e cercano di spremere le poche risorse che, in tempo di crisi, ancora possono affiorare. Il settore privilegiato è sempre quello, cioè l’edilizia, con tutto l’indotto che va dalle forniture di calcestruzzo, al movimento terra, al trasporto e al deposito di inerti, alla vendita di laterizi, pietrisco, cemento, tavole, conci di tufo e materiali di costruzione vari, dietro cui, oltre il titolare dell’impresa, a monte c’è l’ingegnere o l’architetto che elabora i progetti e sa come fare per farseli approvare. In questa fase tutti i grandi guerrieri, dopo le grandi battaglie dentro le patrie galere, dopo avere scontato il loro debito con la legge, quella italiana che tra amnistie, grazie, avvocati, magistrati, riesce a mettere fuori tutti dopo qualche giorno o qualche anno di carcere, stanno tornando tutti a casa, come Lessie. Qua ritrovano gli affetti, i figli, gli amici, che si presentano tutti per sapere come procede. Nella patria dei grandi boss, a Corleone, è stato rilasciato e circola liberamente Rosario Lo Bue, accreditato come reggente, in attesa dell’uscita dal carcere del nipote di Riina, Giovanni Grizaffi, comunque rappresentato dal fratello Carmelo. Va ancor meglio a Partinico e a Borgetto, ormai unico mandamento, dove passeggiano, con l’obbligo di presentarsi due volte la settimana uno al commissariato di polizia e l’altro alla caserma dei carabinieri, il giovane Francesco Nania di 42 anni e suo padre Antonino, che ha scontato la pena per l’accusa di tentato omicidio. Francesco è un giovane rampante, diciamo una di quelle menti che sanno come curare gli affari: per anni è stato il “tesoriere” di Leonardo Vitale, investendo i proventi delle estorsioni sugli appalti in canali internazionali. Nel 1994 lo ritroviamo in Austria, a spacciare banconote false; poco dopo è coinvolto nelle operazioni dei carabinieri “Araba Fenice” e “Terra Bruciata”, si becca una condanna a nove anni per associazione mafiosa, riesce a fuggire in America, dove si rifugia, nel New Jersey presso la sorella Margherita, ma lì viene arrestato dall’FBI che lo rimanda indietro al carcere di Rebibbia da dove adesso è restituito alla sua bella comunità di Partinico, dove può ricominciare, magari sotto l’occhio vigile di papà, che sta al piano di sopra, mentre di suo zio Fifiddu, quello che squagliava le persone nell’acido, non si può più fare molto conto. Sempre della serie “Casa, dolce casa”, in quel di Borgetto troviamo il tutto ricompattato, senza più beghe interne, tra l’irriducibile Giuseppe Giambrone, riappacificato col vecchio patriarca Nicolò Salto e il semprevivo Benny Valenza che, dopo i sequestri di alcuni beni, ( i beni di Benny), e di mezzi di lavoro, si è messo la testa a posto, diciamo pure, lavora come dipendente presso un deposito di legname di Partinico, che qualche mese fa ha preso fuoco, ma senza molto danno, e, tanto per arrotondare, continua a gestire il traffico di calcestruzzo servendosi di amici e magari andando a denunciare di avere ricevuto una richiesta di estorsione nei confronti dello stesso mafioso al quale fornisce il calcestruzzo. Anche il deposito di legname sta cambiando merce e sembra orientarsi dull’edilizia. 
Perché questa è la vera novità: per accreditarsi come persone che seguono la legge, che collaborano, i mafiosi si rivolgono alle forze dell’ordine, fingono di denunciare un attentato, fanno qualche nome di importanza secondaria, magari concordato con l’interessato e diventano paladini della legalità. E chiamali fissa!!!La migliore dimostrazione di tutto ciò la ritroviamo in uno dei pizzini di Messina Denaro, trovato nel covo dei Lo Piccolo: il buon Matteo scrive a Salvatore Lo Piccolo, raccomandandogli di aver cura di un certo Massimo: gli inquirenti hanno individuato in Massimo n. l’imprenditore palermitano Massimo Niceta e gli hanno sequestrato il suo impero finanziario, sino alla succursale di Partinico, a La Fontana. Il geometra di Giardinello Misuraca, che nello stesso pizzino risulta in cerca di un papà, ovvero di un mafioso sotto la cui tutela mettersi, anche lui, dopo vari giri, si è rivolto ai carabinieri, lamentando di essere oggetto di estorsioni. Ma che sta succedendo? Niente. La mafia scopre l’antimafia, ma tutto è in ordine, tutto è sotto controllo: basta dichiarare a chi di dovere, alle forze politiche e ai magistrati, che si ha voglia di collaborare, denunciare come persona in odor di mafia l’eventuale concorrente in affari ed il gioco è fatto, dal libro nero passi sul libro bianco, magari, se c’è stata qualche testa mozzata d’animale davanti alla porta ti danno anche la scorta La Confindustria siciliana sembra in preda a una vera epidemia antimafiosa: tutti smentiscono di pagare il pizzo, ma molti non lo pagano, perché dovrebbero pagarlo a se stessi, altri perché si sono stancati, in tempi di crisi, di sottoporsi ancora a questo improduttivo salasso economico: e c’è di più, c’è un bel boccone di 35 miliardi, quello dei beni confiscati alla mafia, su cui gli antimafiosi industriali stanno cercando di metter le mani, con l’aiuto, il benestare, la complicità delle attuali forze politiche, che hanno accantonato, per il momento, i vari Dell’Utri, Berlusconi, Miccichè, Castiglione, ormai compromessi, incapaci di garantire alcunchè rispetto a quanto pattuito, o capaci di garantirlo solo a se stessi. Da Corleone a Partinico, da Barcellona Pozzo di Gotto a Misterbianco, da Agrigento a Trapani, tutto procede nel migliore dei modi dalla gestione del traffico dei rifiuti, a quella delle cave, al controllo di villaggi turistici, dei supermercati, dei cantieri edili. La parola d’ordine non è ricominciare, ma continuare!!!! 

NOTA: Questo articolo è stato trasmesso da Telejato il 7.12.2013: da allora niente è cambiato, anzi va peggio. Naturalmente, poiché l’emittente trasmette da Partinico, l’angolo di lettura privilegiato è quello della Sicilia Occidentale, ma l’analisi si può estendere a tutto il territorio regionale e nazionale

salvatore.ognibene

Nato a Livorno e cresciuto a Menfi, in Sicilia. Ho studiato Giurisprudenza a Bologna e scritto "L'eucaristia mafiosa - La voce dei preti" (ed. Navarra Editore).

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