lunedì, Aprile 29, 2024
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Mafia e poteri mafiosi

30 aprile 1982. A Palermo la mafia uccide PIO LA TORRE ed il suo auti­sta ROSARIO DI SALVO. Se­condo Dalla Chiesa “PER TUTTA LA SUA VITA, MA DECISIVA LA SUA UL­TIMA PROPOSTA DI LEG­GE”, quella che La Torre, parlamen­tare eletto nelle liste del PCI, presen­tò nel 1980 (VIII legislatura), racco­gliendo i risultati delle Commissioni parlamen­tari antimafia delle legisla­ture prece­denti. Punto di par­tenza è che la ma­fia… esiste. Non è una bou­tade.

E’ una conquista. Basti pensare che ancora a metà degli anni Settanta, mentre i più negavano l’esistenza stes­sa della mafia, altri osavano persin­o sostenere: “Si è detto che la ma­fia di­sprezza polizia e magistratu­ra: è una inesattezza. La mafia ha sempre ri­spettato la magistratura, si è inchi­nata alle sue sentenze e non ha osta­colato l’opera del giudice. Nella persecuzio­ne ai banditi e ai fuorilegge ha affian­cato addirittura le forze dell’ordine”.

Non sono parole in li­bertà di un qual­che buontempone. Sono parole di Giu­seppe Guido Lo Schiavo, procu­ratore generale presso la corte di cas­sazione.

Pio La Torre la pensava diversa­mente e aveva le idee chiare, non solo circa l’esistenza della mafia, ma anche sul­la sua struttura comples­sa, per cui articol­a la sua proposta su due versan­ti:

1) Mafia come gangsterismo, inti­midazione, assoggettamento/omertà;

2) mafia come potere basato sulla ac­cumulazione illecita di ricchezze.

Ne consegue che la STRATEGIA del­la LEGALITA’ ANTIMAFIA, nel progetto La Torre, si sviluppa lungo due binari:

– la repressione sul versante che po­tremmo definire delle “manette”;

– e l’ aggressione ai patrimoni ille­citi.

Ottimo progetto. Che però resta in un cassetto. Per varie ragioni: in parti­colare l’intreccio perverso fra ma­fia e potere che soffoca e stritola, e può ar­rivare ad uccidere. Come ap­punto, purtroppo, nel caso di La Torre.

Quattro mesi dopo (3 settembre 1982) la mafia uccide il gen. Dalla Chiesa. L’effetto di due spietati omici­di “ec­cellenti”, così ravvicinati, equi­vale ad una specie di “uno-due” pugi­listico. Costringe il nostro Paese a mi­surarsi finalmente con la tremen­da realtà del­la mafia. Il progetto di Pio La Torre viene “recuperato” e appro­vato dando vita alla LEGGE RO­GNONI-LATORRE. La Torre, appunt­o, e Ro­gnoni, allora Ministro dell’interno.

Così, sono legge dello stato:

1) l’art. 416 bis codice penale – per la prima volta la mafia è riconosciuta come comportamento penalmente vie­tato e punito dal grande libro dei delitt­i e delle pene, il codice penale ap­punto;

2) le misure antimafia di prevenzio­ne patrimoniale, che in sostanza con­sentono di sequestrare e confiscare a chi sia considerato mafioso i suoi beni, salvo che egli ne dimostri la pro­venienza lecita.

Due capisaldi – anche oggi – della le­gislazione antimafia. Che ancora una volta dimostra di essere LEGI­SLAZIONE DEL GIORNO DOPO (in que­sto caso due volte del giorno dopo, essendoci voluti ben due omici­di “ec­cellenti” perché ci svegliassimo da un sonno della ragione che favori­va e ali­mentava il mostro mafioso). E tut­tavia, sia pure in ritardo, si com­piono – sulla strada dell’efficacia del contra­sto del crimine mafioso – passi per la pri­ma volta davvero decisivi, l’uno e l’altro dovuti all’intelligenza di Pio La Torre e intrisi del suo san­gue.

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