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Librino, 22 milioni di euro ai Massimino
Con il debito, Comune (e inquilini) nei guai

Tre grandi torri a Librino, due delle quali vendute al Comune etneo nel 1989. Che, per un piccolo debito mai pagato, dovrà sborsare ora milioni di euro. «La scelta di non ricorrere in appello contro la decisione del giudice è stata voluta» spiegano i legali dell’amministrazione. Nel frattempo i proprietri, figli dell’ex presidente del Calcio Catania, non hanno ancora richiesto i soldi. Forse una strategia: «Cederanno il credito a una società più grossa, insieme alla terza torre disabitata». L’alternativa, lo sfratto di 138 famiglie. Che ignorano la storia. Guarda le foto

«La vede quella torre? E’ l’unica che non è stata mai occupata in tutta Librino in vent’anni, per rispetto del presidente Massimino». Massimino Salvatore, s’intende, presidente del calcio Catania come il più famoso fratello Angelo, il «presidentissimo» a cui è dedicato lo stadio di Catania. La torre si trova in viale Castagnola 2, ed è di proprietà della Fasano costruzioni srl, azienda ora in mano ai figli di Salvatore, Enrico e Massimo. Realizzata negli anni ’80 insieme ad altre due torri esattamente uguali, con 13 piani e 72 appartamenti l’una. Erano previste nel piano di zona Librino degli anni ’70, dove sono nominate con i semplici nomi di «lotti A1 A2 e A3», destinati a edilizia popolare. La torre A1, disabitata, è al momento in ristrutturazione, ma nelle torri A2 e A3 abitano 138 famiglie, regolari assegnatarie degli alloggi. Famiglie che, nonostante in alcuni casi risultino come proprietarie degli immobili dopo anni di pagamenti al Comune di Catania, adesso potrebbero perdere casa a causa di un grosso debito dell’ente contratto proprio con i Massimino.

«La notifica è arrivata solo 20 giorni fa» si giustificava il vicesindaco e assessore al Bilancio Roberto Bonaccorsi

Il Comune di Catania ha infatti assegnato gli alloggi popolari nei primi anni ’90, dopo aver stipulato con la Fasano due atti di compravendita per le due torri a luglio e a ottobre del 1989. Atti di cui la Fasano ha chiesto e ottenuto dal tribunale di Catania la rescissione, con una sentenza pronunciata dal giudice Massimo Escher il 29 novembre 2010. Sentenza ormai definitiva, dato che l’amministrazione comunale si è accorta del debito solo dopo che sono decorsi i termini per un appello. «La notifica è arrivata solo 20 giorni fa» si giustificava il vicesindaco e assessore al Bilancio Roberto Bonaccorsi in consiglio comunale martedì 6 novembre, attaccato sul punto dall’opposizione perché l’atto è stato depositato nella cancelleria del tribunale già il 10 dicembre 2010, e regolarmente notificato il 6 Aprile 2011. All’amministrazione non restano quindi che due strade: sfrattare gli inquilini, e restituire le due torri ai legittimi proprietari, oppure pagare 22 milioni di euro agli eredi dell’ex patron del calcio Catania, aggravando lo stato delle già precarissime finanze comunali, che attendono a breve scadenza – il 30 novembre – l’approvazione del bilancio di previsione 2012, in una situazione in cui non è ancora stato approvato il bilancio consuntivo 2011 per «incogruenze» rilevate dal collegio dei revisori dei Conti.

La cifra stabilita dal giudice ome indennizzo alla ditta Fasano quale «mancato godimento del bene pecuniario» è in realtà di 5 milioni e 200 mila euro, ma aggiungendo i relativi interessi e rivalutazioni Istat, si arriva a un totale di 22 milioni. Eppure il debito iniziale era di appena 708 mila euro, pari al 10 per cento della somma totale dovuta. Una vicenda a cui tenta di dare risposta l’Avvocatura comunale, che in una nota spiega che, in realtà, la scelta di non ricorrere in appello è voluta. «A seguito di comunicazione della cancelleria della corte di Appello del 6 Aprile 2011, non è stata ravvisata l’opportunità di proporre appello, coerentemente a comportamenti analoghi tenuti negli anni precedenti». Il Comune aveva infatti già ammesso un debito nei confronti di un’altra società della famiglia Massimino, la la San Paolo costruzioni, in un caso analogo a quello dell’acquisto delle due torri A2 e A3. La ditta citò in giudizio il Comune, e il tribunale diede ragione alla società edile, rimandando la decisione sull’importo da devolvere a un accordo tra le parti. Accordo transattivo firmato tra le parti il 17 maggio 1994 per una cifra di 23 miliardi e 500 milioni di euro. Un accordo a cui si arrivò – si legge sempre nella nota dell’Avvocatora – «dopo la decisione del sindaco pro-tempore di non ricorrere in appello».

Diciotto anni di attesa, un accordo transattivo, una sentenza definitiva, e una terza torre mai portata a termine – quella disabitata, la A1, con una vicenda che poteva diventare simile a quella del palazzo di Cemento e a decine di altre palazzine occupate abusivamente -: tutto questo non sembra essere ancora bastato alla Fasano costruzioni, che non ha ancora fatto richiesta al Comune di onorare il debito. «Guardi, io non mi occupo della vicenda, della questione si sta occupando l’avvocato», liquida velocemente la questione Massimo Massimino, uno degli eredi di Salvatore. Che non ha nulla da dichiarare nemmeno sulla terza torre, quella del lotto A1 mai consegnata all’amministrazione comunale.

«Stanno ristrutturando la torre vuota, la ditta vuole venderla a una società più grossa, e cedere il credito nei confronti del Comune»

«Stanno ristrutturando la torre vuota, probabilmente perché la ditta vuole venderla a una società più grossa, e cedere il credito nei confronti del Comune: la ristrutturazione degli altri due edifici è troppo onerosa, sono in condizioni molto peggiori, e gli appartamenti invendibili» spiega una fonte ben informata del quartiere. Dall’esterno i lavori in corso sono ben visibili, ma nemmeno dalla Fasano costruzioni, arrivano commenti sulla vicenda. «L’amministrazione comunale non ci ha contattati, non so dirle se ha già preso accordi con la proprietà» spiega un impiegato, che conferma solo che «quanto è stato scritto sui giornali è corretto». Su chi effettivamente della famiglia Massimino si occupi poi della vicenda, impossibile avere ragguagli. «Purtroppo da quando il dottor Salvatore Massimino è morto gli eredi passano da qui raramente», spiega l’impiegato prima di congedarsi per «impegni urgenti».

Una vicenda di cui non sembrano occuparsi nemmeno i più diretti interessati, gli abitanti dei due immobili.  «Guardi, io di tutta questa storia non ho mai sentito parlare, non so nulla» ci spiega un uomo sulla cinquantina sotto la torre di viale Castagnola 3, dove abita. I giovani invece sembrano più preoccupati dei problemi di ogni giorno. «Guardi in che condizioni siamo – indica un ragazzo sulla trentina -, con la spazzatura che ci arriva sopra i capelli». La scala che porta dal condominio alla retrostante «spina verde» è in effetti in condizioni pietose, e al piano terra del palazzo alcune botteghe sono occupate, arredate come piccoli appartamenti. «Cosa ha da guardare, qua non c’è niente». Impossibile anche solo fotografare.

(“Ctzen”, 9 novembre 2012)

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