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L’asse Vittoria-Fondi/ Visto da nord

Il viaggio in treno per il Mercato Ortofrutticolo di Fondi sarebbe di sola andata. Accanto al gigante verde, si fermano due binari morti ultimati agli inizi degli anni ’80 per incrementare il trasporto su rotaia delle tonnellate e tonnellate di prodotti ortofrutticoli

L’equazione è semplice, con i treni i costi si sarebbero abbattuti così come i livelli di inquinamento dovuti al trasporto su gomma. Fin qui tutto quadra anche in considerazione del fatto che il socio pubblico nonché di maggioranza del Mof, è la Regione Lazio. I lavori vengono ultimati, ma da allora all’interno del mercato, i treni merce non sono mai passati. Ne parliamo con il referente regionale di Libera Lazio Antonio Turri.

In questi anni al mercato ortofrutticolo di Fondi è entrato di tutto tranne che i treni, perché?

“Dal punto di vista tecnico perché poche decine di metri di rete metallica impediscono l’accesso ai treni merce che dovrebbero trasportare i prodotti ortofrutticoli che vengono commercializzati in un’area strategica quella del Mof di Fondi che unisce sud, centro e nord Italia ed apre le rotte per i mercati europei. Ma non sono certamente queste superabilissime cause tecniche ad impedire l’accesso ai treni. Fondi e il mercato ortofrutticolo sono stati e rimangono una sorta di laboratorio dove le mafie tradizionali italiane una volta infiltratesi nel settore del commercio dell’agro alimentare hanno contaminato pesantemente pezzi di economia, di politica e di criminalità locale.

Nei fatti quei treni non entrano e non entreranno mai fino a quando la Quinta Mafia, non lo riterrà opportuno”.

Circa trent’anni che segnano giorno dopo giorno il fallimento di quello che allora poteva essere un riuscito progetto economico, un treno, è proprio il caso di dirlo che per il Mof non passerà mai. Ma, comunque qualcosa in movimento c’è, un soggetto nuovo che piano piano si definisce e che Libera chiama oggi la Quinta Mafia. Di cosa stiamo parlando?

“La Quinta Mafia rappresenta l’evoluzione del sistema mafioso e cioè un mix esplosivo composto dalle mafie tradizionali ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra capaci di contaminare la criminalità autoctona, pezzi dell’economia e della politica al di sopra del confine geografico fino agli anni ’80 rappresentato dal fiume Garigliano che segnava il confine tra la Campania prima regione del meridione e l’Italia del centro- nord. È questa joint-venture criminale che ha ritenuto conveniente e meno rischioso fare viaggiare armi e droga celati tra gli ortaggi e la frutta sulle migliaia di tir che annualmente partono o fanno scalo dal Mof. Del resto sarebbe stato impensabile organizzare i traffici illeciti utilizzando i treni delle Ferrovie dello Stato”.

L’operazione condotta nel 2010 dalla Dia di Napoli denominata Sud Pontino, partendo proprio dal mercato ortofrutticolo di Fondi dimostra non solo quanto sia saldo l’asse camorra – ‘ndrangheta – mafia nella gestione del trasporto dei prodotti ortofrutticoli su gomma e nel commercio di armi e sostanze stupefacenti, ma anche come emergano dal giro famiglie autoctone, laziali, dai ruoli tutt’altro che secondari. C’è però una svolta. La Mof spa dichiarando in una nota stampa che “la dirigenza ed i suoi operatori costituiscono il primo baluardo di contrasto contro ogni tentativo di infiltrazione criminosa nel suo tessuto sano” si costituisce parte civile nel processo Sud Pontino. Il Mof legittimamente reagisce ma con un precedente che fa comunque ombra. Ovvero il silenzio per un’altra inchiesta, la Damasco 2 quella nota ai più per la vicenda del mancato scioglimento del consiglio comunale di Fondi.

Il processo inizia, il 20 ottobre 2010, le parti civili vengono ammesse ma il Mof, da più parti chiamato in causa comunque non si fa avanti. La pressione mediatica sale e supera anche i confini nazionali, l’immagine del Mof non viene di certo lesa meno che per l’operazione Sud Pontino. Perché la costituzione di parte civile non arriva?

“Penso siano fortemente significative le risultanze della commissione di accesso nominata dall’allora Prefetto di Latina Bruno Frattasi – spiega Turri – in cui si evincevano senza ombra di dubbio le connessioni tra famiglie della ‘ndrangheta, della camorra casertana e di cosa nostra legate anche per via parentale ad elementi di spicco della criminalità organizzata del basso Lazio, legate a loro volta a figure di vertice del Comune di Fondi, nonché, come si legge testualmente negli atti redatti dagli ufficiali di polizia giudiziaria che componevano quella commissione ‘a titolari di attività commerciali pienamente inserite nel mercato ortofrutticolo di Fondì. Tutto questo trova anche un riscontro giudiziario nella sentenza di primo grado recentemente emessa per il processo cosiddetto Damasco 2. Tra gli imputati ce ne sono sette condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso o delitti ad esso collegati e tra questi ben cinque sono politici, o imprenditori nati e da sempre residenti nella regione Lazio. Questo a dimostrazione di come le mafie una volta infiltratesi e radicatesi su altri territori siano capaci di contaminare”.

Le vie del commercio sono rimaste chiuse per i treni, sono state aperte per migliaia di camion, poi c’è un terzo tragitto, quello scelto dai clan per arrivare sulle tavole delle famiglie italiane. E non è una questione di gusti.

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