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In vista del 5 gennaio 2014

Tra poco più di tre settimane ricorre il 30° anniversario dell’omicidio mafioso di Pippo Fava. Una domanda si pone immediata: cosa è cambiato a Catania? Ora non ci sono più i cavalieri dell’Apocalisse, le cui attività sono state ristrutturate, consorziate e dislocate dentro e fuori d’Italia. E non c’è più quel contesto politico che caratterizzava quegli anni, mentre Santapaola è in galera, Tony Zermo fa professione giornaliera di legalità, mentre allora, con il suo giornale, La Sicilia, contribuiva a depistare, giustificare, negare, coprire gli interessi mafiosi. Ora gli eredi, materiali e simbolici, dei cavalieri del lavoro, che hanno saccheggiato Catania nell’ ultimo quarto del secolo scorso, sono i principali sostenitori dell’imprenditoria “sana” e del Governatore Crocetta, che, da parte sua, sta provvedendo a ricambiare i favori ricevuti da Mario Ciancio prima e dopo la campagna elettorale. Basti pensare, ma è solo l’inizio, alla legge regionale “fotografia” che finanzia l’editoria siciliana. Rimane il tema attuale e ineludibile, come ci ha insegnato Giambattista Scidà, del dominio economico, culturale, politico (nella formazione della rappresentanza e nella promozione delle classi dirigenti), dell’imprenditoria catanese e di buona parte di quella siciliana, della sua immunità. E resta, ancora irrisolto, il problema della frammentazione dell’opposizione, della crisi della sinistra, ora come allora infognata in compromessi e trasformismi, della inefficacia dell’opposizione, della debolezza e discontinuità dei movimenti, della internità del centrosinistra al sistema di potere ( basti pensare al ruolo della segreteria della Cgil a Catania e in Sicilia, e a quello di Cisl e Uil, alla partecipazione di Pdci e Sel alla Giunta trasversale di Enzo Bianco, al ruolo del Pd nei processi di privatizzazione e lottizzazione clientelare).

Non c’è da meravigliarsi allora se avanzano incombenti le grandi varianti urbanistiche che interessano la Plaia, Catania Sud, il Porto, Corso Martiri della Libertà, e poi ancora il nuovo sacco del vecchio San Berillo, del waterfront, lo sconvolgimento del quartiere di san Cristoforo. Mentre inesorabili si concretizzano le privatizzazioni della sanità (Humanitas), dei servizi (asili nido), dei parcheggi e delle piazze (Europa/Virlinzi). Una enorme concentrazione immobiliare si va accumulando nei quartieri orientali, tra viale Africa e via Etnea, al movimento terra è garantita vita decennale con la perforazione delle lave, che comporta spreco di enormi risorse finanziarie pubbliche. Di contro non viene risolto il nodo né della mobilità urbana ed extraurbana né quello della sicurezza antisismica e degli edifici pubblici. Sono in crisi i Teatri, c’è un pesante arretramento delle attività culturali, deperisce la qualità degli studi e dei saperi nelle Università e nei Licei, privati di risorse e soggetti ad una degenerazione della loro natura, divenendo sempre più aziende e strutture del potere politico e delle imprese. I diritti sono negati, sottoposti come sono ad una dura e cinica selezione di classe, non c’è risposta ai bisogni sociali.

Accomunati dalla medesima retorica legalitaria, che tutto annebbia e tutto accomuna, borghesia mafiosa e antimafiosi della prima e dell’ultima ora, si legittimano a vicenda, condividono, decidono, governano assieme a Catania, Palermo e Roma. Il fenomeno mafioso è ricondotto e ridotto alla sola fenomenologia di violenza criminale e militare.

L’alternativa ha difficoltà a farsi massa critica e a costruire consenso. Occorre attrezzarsi per leggere i processi, disegnare la mappa dei poteri, e saperli contrastare nei percorsi di lotta, così da contrapporvi la soddisfazione dei bisogni sociali e l’affermazione del bene comune. A tenere alta la speranza e la sfida di una trasformazione dell’esistente e della liberazione dal dominio mafioso rimangono pochi, ma rilevanti e decisivi punti di riferimento: in primo luogo il lavoro coerente di denuncia, formazione, soprattutto delle nuove generazioni, informazione de I Siciliani. E poi le pratiche di antimafia sociale e volontariato, nei quartieri ad altissimo rischio di S. Cristoforo e di Librino, del Gapa e del San Teodoro liberato. Proviamo a fare incontrare nel prossimo 5 gennaio obiettivi, ideali, bisogni, diritti. Il dibattito è aperto.

Mimmo Cosentino, segretario circolo Prc Rosa L. Catania

3 pensieri riguardo “In vista del 5 gennaio 2014

  • Praticamente non c’ è speranza….o fai una rivoluzione o scappi via o ti assorbi tutta la melma democristiana!!

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  • Ciascuno di noi può vivere la quotidiana resistenza, in un momento sociale in cui rivendicare un’appartenenza è ormai impossibile. Ciascuno difenda i valori oltraggiati da questa politica.

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  • Romano Colombini

    Vi apprezzo molto e condivido il vostro impegno nel fare i conti con il passato e nel voler costruire un futuro civile,in sintonia con un Paese che rispetta la legalità come un valore fondamentale. Buon 2014.
    Romano Colombini

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