venerdì, Aprile 19, 2024
-mensile-Giornalismo

I cento veleni della base Usa

Vent’anni di silenzi e omertà. E la paura con­tinua

da Il MUOStro di Niscemi

 Si è dovuto attendere quasi vent’anni perché le autorità regionali eseguissero le prime analisi sul livello d’inquina­mento elettromagnetico prodotto dalla grande base della Marina militare Usa di contrada Ulmo a Niscemi dove sono in corso i lavori d’installazione del MUOStro per le guerre globali del XXI secolo. E verificare che anche senza il terminale terrestre del nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari, le emissio­ni della stazione radio NRTF hanno raggiunto livelli insostenibili per la salu­te della popolazione.

Nel loro studio sui pericoli delle antenne del MUOS, i ricercatori del Politecnico di Torino Massimo Zucchetti e Massimo Co­raddu evidenziano come le misurazioni dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (ARPA Sicilia) abbiano pro­vato in particolare «la presenza di un cam­po elettrico intenso e costante in prossimi­tà delle abitazioni, mostrando un sicuro raggiungimento dei limiti di sicurezza per la popolazione e, anzi, un loro probabile superamento».

Sempre più spesso i valori rilevati sono risultati prossimi ai limiti di attenzione stabiliti dalla normativa (6 V/m). Per Zuc­chetti e Coraddu la situazione reale è però, con ogni probabilità, ancora peggiore. Le emissioni della stazione di telecomunica­zioni pongono, infatti, problemi di misura­zione particolarmente gravosi specie per la presenza di decine di sorgenti che trasmet­tono simultaneamente a frequenze molto diverse tra loro e che possono facilmente produrre malfunzionamenti e risposte im­prevedibili negli stessi strumenti di misu­ra.

Non di rado i tecnici dell’ ARPA si sono trovati di fronte a risultati completamente diversi e incompa­tibili. Nelle ri­levazioni non si è poi tenuto con­to che una delle caratter­istiche delle tra­smissioni mi­litari è la non continuità delle emissioni e che la po­tenza con cui esse sono irradiate è variabi­le. Se­condo i ricer­catori del Poli­tecnico, le pro­cedure di mi­surazione sono state dun­que superficiali, incomplete e ini­donee e le conclusioni a cui è giunta l’Agenzia per la protezione dell’ambiente contraddittorie e irragione­voli. Valutazioni ritenute fondate dal Ministero dell’Ambiente e della Tu­tela del Territorio che con note del 29 febbraio e del 2 aprile 2012 ha invitato l’ARPA e la Regio­ne a effettuare ulteriori e più appro­fondite ana­lisi delle emissioni «al fine di fugare qual­siasi preoccupazione sui possi­bili ri­schi per la salute legati al funziona­mento dell’impianto».

«Nell’istruttoria del 2009, l’ARPA ha pure dichiarato di non essere stata in grado di portare a termine il compito affidatole, poiché le informazioni tecniche sugli im­pianti già operanti risultavano se­cretate dall’attività militare, così come i valori di campo elettromagnetico ante e post opera del MUOS», rilevano i due ri­cercatori.

I militari USA non hanno voluto rendere pubbliche le caratteristiche radioe­lettriche complete degli impianti NRTF, né la posi­zione esatta delle sorgenti già ope­ranti.

«Di fronte a questo insormontabile rifiu­to, ARPA Sicilia non ha potuto valuta­re complessivamente la distribuzione, sul ter­ritorio limitrofo, dei valori di campo elet­tromagnetico». A ciò si aggiunge la «non conformità» alle norme legislative delle procedure seguite. «Nel caso di im­pianti radio-base, come quelli di Niscemi, i rilie­vi devono essere svolti infatti nelle condi­zioni più gravose possibili, ovvero con tut­ti i trasmettitori attivi simultanea­mente alla massima potenza», spiegano i ri­cercatori. «Il comandante della base NRTF di Niscemi, Terry Traweek, ha però dichia­rato che le antenne non sarebbero mai atti­vate tutte assieme, ma solo in certe par­ticolari combinazioni denominate A, B e C, che sono state quelle concordate con l’ARPA in occasione delle verifiche del 26 gennaio 2009».

Un procedimento anomalo, basato sulle mere dichiarazioni giurate dell’ufficiale davanti a un notaio il successivo 5 febbra­io e non dalla verifica della configurazione reale degli impianti da parte dei tecnici ARPA. L’agenzia ha preso per buone an­che le affermazioni del comandante USA secondo cui delle 46 antenne esistenti solo 27 sarebbero in funzione e che durante il funzionamento dell’antenna a bassa fre­quenza (LF) «la riduzione energetica im­pedisce l’uso contemporaneo delle altre 26 antenne in alta frequenza (HF)».

«Se l’ipotesi delle condizioni più gravo­se possibili si fosse verificata il 26 gennaio 2009, quel giorno le centraline installate in quattro abitazioni vicine alla base avrebbe­ro dovuto registrare un’emissione più alta rispetto a quella dei giorni precedenti e successivi», spiegano Zucchetti e Corad­du. «Se osserviamo i tracciati di quella giornata troviamo invece che due centrali­ne registrano un segnale identico a quello medio degli altri giorni, mentre altre due registrano addirittura un segnale notevol­mente inferiore. Oltretutto l’analizzatore EHP-200 impiegato, ha registrato un nu­mero e una distribuzione di sorgenti emit­tenti assolutamente identico e indistingui­bile nelle tre configurazioni A, B e C. Infi­ne la centralina in contrada Ulmo, la sola che ha proseguito le rilevazioni nelle alte frequenze quasi ininterrottamente dal feb­braio 2011 sino a oggi, ha registrato, dalla fine d’agosto 2012, un chiaro aumento delle emissioni, ben oltre quelle rilevate nel gennaio 2009, indicando così inequi­vocabilmente che quelle concordate con i militari non erano affatto le più gravose condizioni possibili.Le verifiche delle emissioni si sono rive­late un inganno. I li­velli dell’elettroma­gnetismo nella base NRTF restano tuttora ignoti e fuori dalla portata di ogni control­lo civile».

L’analisi dei dati in possesso dell’ARPA mostra che i valori delle emissioni hanno oscillato tra i 5,9 e gli 0,6 V/m del periodo dicembre 2008 – marzo 2009 e tra i 4,5 e i 5,5 V/m nel periodo febbraio – settembre 2011. Le emissioni sono cresciute nei mesi successivi e i rilievi più recenti indicano superamenti sistematici della soglia di si­curezza. Nel luglio 2012 sono stati rag­giunti i 5,8 V/m e dal 23 al 26 dello stesso mese i valori di campo si sono mantenuti tra 6 e 7 V/m. Tale andamento è prosegui­to per buona parte del bimestre settembre – ottobre 2012; poi, esse hanno raggiunto un valore in pratica continuo di 7 V/m nel corso dell’intera giornata, tra il dicembre 2012 e il gennaio 2013, con un picco di emissione che ha superato per qualche ora i 9 V/m il 19 dicembre 2012. Tra il marzo e il luglio 2013 il campo elettromagnetico è tornato su valori poco sotto i 7 V/m ma comunque frequentemente oltre i limiti previsti dalla normativa vigente.

Il danno ambientale della stazione di te­lecomunicazione non è causato solo dalle onde delle antenne. È stato possibile ac­certare, infatti, che a seguito di una serie d’incidenti, rigorosamente tenuti segreti agli amministratori e alla popolazione, sono state disperse nel suolo e nel sotto­suolo grandi quantità di sostanze inquinan­ti. Nel 2003, l’impresa LAGECO di Cata­nia fu chiamata dal Comando US Navy per eseguire misteriosi «lavori di bonifica ambientale del terreno contaminato a cau­sa di un versamento di gasolio sullo stes­so». L’inquinamento delle falde acquifere e di parte del territorio della riserva natu­rale con idrocarburi (classificati come ri­fiuti pericolosi e con componenti anche cancerogeni) avvenne nel marzo 2002 e fu di notevoli dimensioni. Oltre sei anni dopo, l’8 luglio del 2008, il 41° Stormo dell’Aeronautica militare di Sigonella co­municò alla Regione siciliana, alla Provin­cia di Caltanissetta e al Comune di Nisce­mi l’avvio – su richiesta della Marina USA – di «indagini aggiuntive» per lo sversa­mento di gasolio del 2002 e «rime­diare alla contaminazione residua rilevata con il campionamento di collaudo effet­tuato il 4 settembre 2007». Nei diversi punti analiz­zati, furono riscontrati valori d’idrocarburi leggeri (>C12) inferiori a 10 mg/kg, la concentrazione limite consentita dalla leg­ge nel suolo e nel sottosuolo. Ri­guardo in­vece agli idrocarburi pesanti (C12-C40), il campionamento rilevò valori oscillanti tra i 25,1 e i 495,5 mg/kg, ma con una preva­lenza di punti dove la con­centrazione era abbondantemente sopra i 200 mg/kg. Le norme ambientali prevedo­no due diversi parametri massimi per que­sti ultimi inquinanti, a secondo se essi sono individuati in siti a uso industriale e commerciale (750 mg/kg) o in aree desti­nate a verde pubblico o uso privato e resi­denziale (50 mg/kg). Se è pur vero che la stazione NRTF, a un primo esame, sem­brerebbe più corrispondente a un sito in­dustriale, la sua incidenza all’interno della riserva naturale “Sughereta” – per giunta in zona A – impone la sua classificazione come sito a verde pubblico: a Niscemi, dunque, anche la contaminazione di suolo e sottosuolo da idrocarburi pesanti ha su­perato notevolmente i li­miti di legge.

Più recentemente (primavera 2012), il quotidiano delle forze armate statunitensi Stars and Stripes, in un servizio da Heidel­berg (Germania), ha lanciato l’allarme sul­la presenza nell’acqua desti­nata al perso­nale delle basi di Sigonella e Niscemi di «inaccettabili livelli» di bro­mato, un in­quinante chimico che si forma a seguito del contatto in acqua tra l’ozono e lo ione bromuro e che è classificato dall’Organiz­zazione Mondiale della Sanità come possi­bile cancerogeno per l’uomo. A inquinare le fonti idriche delle due installazioni sa­rebbero stati i prodotti chimici utilizzati per la disinfezione. In un primo momento, il Co­mando di US Nave aveva respinto ogni addebito, poi ha dovuto ammettere l’incidente impegnandosi a ridurre l’uso di disinfettanti «al minimo necessario». «L’acqua delle stazioni NAS I e NAS II a Sigonella e dell’installazione di telecomu­nicazioni di Niscemi è stata contaminata dal bromato e al personale militare è stato ordinato di non bere più dai rubinetti», spiegò a Stars and Stripes il portavoce del comando US Navy di Napoli, Timothy Hawkins. «La scoperta è stata fatta duran­te le analisi di routine effettuate il 17 mag­gio 2012 dal personale sanitario della Ma­rina. I test hanno provato che la quantità di bromato è superiore al valore massimo stabilito dall’EPA, l’agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente». Mentre l’EPA consente l’uso per fini potabili di acqua con valori di bromato inferiori a 10 microgrammi per litro, a Sigonella e Ni­scemi sono state riscontrate concentrazioni oscillanti tra i 52 e i 170 microgrammi. Nessuna informazione è stata però tra­smessa alle autorità sanitarie civili italiane o ai sindaci dei comuni.

Secondo il Dipartimento della Salute dello Stato di New York, l’ingestione di quantità ridotte di bromato può causare di­sfunzioni gastrointestinali, nausea, vomito, diarrea e dolori addominali. «Le quantità rilevate nelle installazioni siciliane non possono causare alcun sintomo», si sono però pre­murate a dichiarare le autorità USA, ma dal 29 maggio 2012 è stata ordi­nata la di­stribuzione obbligatoria di acqua imbottig­liata al personale militare di Ni­scemi e Si­gonella. Livelli di bromato su­periori ai li­miti di legge sono stati riscon­trati anche nelle analisi svolte a Niscemi tre mesi dopo. All’inizio del 2013, l’US Army Pu­blic Health Command Region Europe e il Public Works Department, En­vironmental Division di NAS Sigonella hanno dichia­rato potabile l’acqua della stazione NRTF «anche se nel 2012 non c’è stata piena corrispondenza con quanto ri­chiesto dagli standard in tema ambientale del governo italiano». Secondo i dati US Navy, la media annuale del bromato ri­scontrato a Niscemi è stata di 26,68 micro­grammi per litro (più di due volte e mezzo il valore consentito dalla legge), con punte massime però di 240 mi­crogrammi. Per gli enti medico-militari USA, questi valori non causerebbero però alcun effetto imme­diato sulla salute. Even­tuali conseguenze negative si realizzereb­bero però con un’esposizione a lungo ter­mine.

Attualmente l’installazione di Niscemi riceve l’acqua da una villa privata, riforni­ta a sua volta da Caltaqua – Acque di Cal­tanissetta, la SpA che dal 2006 gestisce il servizio idrico integrato in tutta la provin­cia di Caltanissetta. Prima di essere distri­buita al personale militare, l’acqua è pro­cessata e disinfettata con il composto al bromato. Le analisi sono ef­fettuate mensil­mente su 110 diversi para­metri chi­mico-inorganici, chimico-organi­ci volatili, pesti­cidi, disinfettanti, radionu­clidi, contami­nanti microbiologici e cloro-residui. Le ta­belle allegate al rapporto di US Navy, mo­strano nell’acqua della sta­zione NRTF di Niscemi presenze signifi­cative di cadmio, nitrato e ammonio, poco al di sotto però dei limiti stabiliti dalla leg­ge. Il primo in­quinante originerebbe dalla corrosione di oleodotti o serbatoi di gaso­lio e lubrifican­ti. La presenza di nitrato e ammonio po­trebbe essere causata invece dall’uso in­tensivo di pesticidi in agricoltu­ra. A NAS Sigonella, oltre al bromato, nel 2012 ha destato preoccupazione la rileva­zione nel­le acque di notevoli quantità di ferro, 163 microgrammi per litro come media annua­le, ma con picchi massimi di 380 (la legge vieta di superare i 200 mi­crogrammi). Dati che, ripetiamo, sono sempre stati occultati a sindaci, autorità sanitarie civile, coltiva­tori e abitanti. La guerra uccide. I processi di militarizzazio­ne dei territori pure.

Antonio Mazzeo, giornalista e militante pacifista e dell’antimafia sociale, ha pubblicato numerose inchieste sui “Siciliani giovani” , di cui è fra le “firme” più note.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *