giovedì, Aprile 25, 2024
-mensile-Società

Giovane antimafia in rete

Anche qui è arrivata la mafia. Ma siamo pronti a combatterla,tutti insieme

Una regione da sempre multiculturale con in testa il suo capoluogo, Bologna. E’ qui che dagli anni ’50 in poi sono sta­ti portati a “svernare”, boss del calibro di Procopio Di Maggio e Tano Badala­menti, è da qui che parte tutto.

Il resto è storia di ora: otto mafie stra­niere e quattro italiane, con ndranghe­ta, camorra e Cosa nostra in testa.

Pippo Fava la definiva la più grande “lavanderia” d’Italia ma sono occorsi più di trent’anni affinchè politica, istituzioni e gente comune iniziassero ad occuparsi realmente del fenomeno ma­fioso in una delle regione più ricche d’Ita­lia. E’ stato “necessario”, tra l’altro, che un giornalista venisse minacciato di morte (Giovanni Tizian: ctzen.it/2012/01/11/ndrangheta-un-altro-giornalista-sotto-scorta-la-storia-di-giov­anni-tizian) e che degli studenti (coor­dinati da Gaetano Alessi) in collaborazio­ne con l’Università di Bologna, scrivesse­ro due dossier (puro volontariato, ovvio): www.­diecieventicinque.it/2012/08/07/ii-dos­sier-sulle-mafie-in-emilia-romagna .

Le mafie in Emilia-Romagna si sono ra­dicate ma questa è una regione che è riu­scita anche a farsi, in parte, dei buoni anti­corpi. Esiste una rete di associazioni total­mente libere che all’interno dei loro mani­festi hanno messo in chiaro una cosa: “La mafia è una montagna di merda”.

Addirittura l’Università di Bologna, gra­zie soprattutto alla professoressa Stefania Pellegrini, ha istituito un vero e proprio corso di “mafie e Antimafia” (www.ma­fieeantimafia.it) e ha dato vita al primo Ma­ster in gestione e riuti­lizzo di beni confi­scati alle ma­fie, intito­lato a Pio La Torre

I beni confiscati ad oggi sono 112, buo­na parte a Bologna e in provincia, e alme­no l’8,6 % tra commercianti e im­prenditori è coinvolta in attività di prestiti a strozzo.

Parlare di organizzazioni criminali in Emilia-Romagna vuol dire, soprattutto, parlare di grande economia. Un fatturato annuo di 20 miliardi di euro, qua­si il 10 % rispetto a quello di tutta Italia

Una regione, l’Emilia-Romagna, prima in Italia per i lavoratori “in nero” e se­conda sul fronte dei lavoratori irregolari: sono rispettivamente 7.849 e 16.586. Il 30% delle imprese di autotraspor­ti (2.599 su 9.083) non risultano proprieta­rie di alcun veicolo, mentre cir­ca 900 im­prese risultano “non titolate a poter svol­gere questa attività”. Un settore, quello del trasporto, spartito soprat­tutto tra ‘ndranghetisti e casalesi.

A Reggio gli incendi dolosi “da novem­bre sono stati oltre 30” dice Elia Minari, giovanissimo redattore di un co­raggioso giornale studentesco, Cortocir­cuito di Reggio Emilia che il 30 luglio, dopo l’ennesimo incendio di cantiere, s’è re­cato sul posto con gli altri giovani cronisti: mi­nacciati e cacciati e le attrezza­ture pe­state.

www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/31/reggio-emilia-incendio-in-cantiere-studenti-giornalis­ti-minacciati-video/672365/

E’ un processo di ra­dicamento lento e co­stante, silenzioso, che ha portato singoli, asso­ciazioni ed enti pubbli­ci ad occuparsi del fe­nomeno diretta­mente.

La regione Emi­lia-Romagna, tra le varie attività di contrasto alle orga­nizzazioni cri­minali e l’ultima legge sul gioco d’azzardo ha costruito, il progetto “Con­cittadini”, un percorso mirato a dif­fondere la cultura del­la legalità tra memo­ria e in­formazione.

Una regione, questa, dove si è formata una piccola rete di singoli e associazioni che collaborano, si scambiano le informa­zioni, fanno inchieste, vanno nelle scuole a raccontare le mafie.

Da Rimini a Piacenza

Da Rimini a Piacenza, dal Gruppo Anti­mafia Pio La Torre a “100 x 100 in movi­mento”, dalla Rete Noname al Presidio Universitario di Libera, dal Gruppo dello Zuccherificio ai progetti di Caracò editore, una casa editrice di impegno civile dislo­cata tra Napoli e Bologna che proprio qui, grazie a dei percorsi di informazione e tea­tro riesce a raccontare ai ragazzi cosa sono le mafie e come operano. Dalla prostituz­ione allo spaccio di droga, dall’edilizia al rici­claggio. Questo e tanto altro raccontan­o Alessandro Gallo e Giulio Di Girolamo nel loro ultimo libro.

L’antimafia in Emilia-Romagna non è soltanto quella che si oppone alle mafie, quella fatta da giova­ni e associazioni che stimolano comunità e istituzioni. E’ anche gioia di vivere, è una forte presa di posi­zione per provare a esse­re “militanti, non spettatori”.

DAI “SICILIANI” A “DIECIEVENTICINQUE”

GIORNALI CONTRO: TRENT’ANNI, PIU’ DUE

 Metti un Direttore che non è mai cambiato, gli amici, i colleghi di una vita, l’amata Sicilia e un’Italia ancora da fare. I giovani di pri­ma, ora cresciuti, e quelli di dopo: noi.

Metti Riccardo che c’è e quasi quasi si nasconde dopo aver chiu­so il palinsesto. E poi Giovanni con il Gapa, che è qualcosa di si­mile ad una brigata partigiana. Un’allegra banda di giornali­sti e “scassaminchia” sparsi per l’Italia che credono fortemente nell’Articolo 21 della Costituzione, macchiati di quello Stampo ant­imafioso che respira di libertà, movimento, verità. Tutti Clan­destini (con permesso di soggiorno) sparpagliati nel paese con l’Antimafia nel cuore. Figli di una stessa Mamma, fatta di sa­tira e verità, conosciuta ai tempi de iCordai.Uomini e donne d’altri tem­pi, uniti da un forte senso di giustizia e dello Stato che li rende uguali e fratelli, da Palermo ad Aosta. Qualcuno come Giancarlo è stato al sud, qualcuno invece viene Da Sud, e altri, come Giulio, sono nati in Lombardia. Lì, i ragazzi di Nando hanno dato vita ad un’enci­clopedia, Wikimafia. Come nelle Agorà dove si da voce a chi ha qualcosa da dire. Una Generazione (zero) mai stanca, che corre, lotta. Anche La Domenica. Una Liberainformazione per una pubblica verità, fatta di inchieste e Reportage, che da il volatore di Marsala passa in quella città dove le lancette della stazione sono rimaste ferme, bloccate alle Dieci e Venticinque. Anche oggi, nell’era del Citizen journalism, con la Periferica per i lettori che è cambiata e si è adattata ai tempi. Ma questa come direbbe quell’uomo con i baffi di Telejato, è un’altra storia.

E’ il Direttore che tiene il filo di questa rete, come il racconto (‘u cuntu) di una storia molto più lunga di questi trent’anni che ci divi­dono. Una storia che torna a Catania, ogni 5 genna­io, dove si fer­ma, per poi ripartire e crear coscien­za, come sem­pre.

(S.Ogn.)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *