giovedì, Ottobre 10, 2024
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Discarica di Pace, Messina

 Il TAR di Palermo rimette tutto in gioco

Solo un anno fa il parere motivato del Ministro dell’Ambiente, di concerto con il Ministro dei Beni Culturali, giunto a conclusione della Valutazione Ambientale Strategica sul Piano Regionale dei Rifiuti della Regione siciliana, stabiliva che a Messina, per la precisione in contrada Pace, era impossibile la realizzazione di qualsivoglia impianto per la trattazione dei rifiuti.

 

La piattaforma integrata di Pace, insieme agli impianti di Enna e Gela (70 milioni di euro complessivi i finanziamenti stanziati), costituiva uno dei cardini del piano smaltimento dei rifiuti predisposto dalla giunta Crocetta con l’allora assessore al ramo Nicolò Marino.

Ad aggiudicarsi l’appalto, di una ventina di milioni di euro, per gli impianti di Messina: discarica, impianto di biostabilizzazione e impianto per il percolato, era stato il raggruppamento temporaneo d’imprese costituito dalle società Consorzio Cooperative Costruzioni Ccc Soc. Coop. Costruzioni, Sics S.p.A. e Consorzio Stabile C.F.C.

Ed è proprio il Consorzio Cooperative Costruzioni, capofila dell’Ati, che lo scorso febbraio decide di impugnare davanti al Tribunale amministrativo di Palermo la nota n. 52608 del 29/10/2015, dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali relativa al Piano Territoriale Paesaggistico con la quale si assume che: “non risulta possibile la realizzazione delle opere di che trattasi in quanto in contrasto con l’adottato Piano d’Ambito n. 9, ancorché il progetto suddetto risulta approvato per i profili di competenza”, sicché “il parere espresso dalla Soprintendenza di Messina risulta preclusivo nei confronti della realizzazione delle opere previste per la piattaforma integrata in oggetto in quanto in contrasto con le norme di salvaguardia del Piano Paesaggistico dell’Ambito e della provincia di Messina” adottato con decreto n. 8470 del 4.12.2009 dell’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e lo stesso decreto nella parte in cui dispone che: “le autorizzazioni già rilasciate da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali per progetti di opere non ancora intraprese alla data di adozione del presente Piano, restano valide per il termine di cinque anni dalla data di rilascio, come previsto dal regolamento 1347/40 limitatamente alle aree in cui il Piano non preclude la loro realizzazione”.

Impugnato anche il parere reso dalla Soprintendenza di Messina nella conferenza di servizi del nove ottobre 2015, richiamato nell’ambito del primo provvedimento contestato.

Da sottolineare che l’Avvocatura distrettuale dello Stato, costituitasi in giudizio per la Regione Sicilia Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Assessorato dell’Energia e dei Serv. di P. Utilità, Dipartimento Reg. dell’Acqua e dei Rifiuti, Soprintendenza Bb.Cc. Aa. di Messina, non ha articolato scritti a difesa.

Per i giudici palermitani la questione principale “involge la valenza delle disposizioni del Piano Paesaggistico adottato dalla pubblica Amministrazione nella misura in cui, malgrado i preventivi pareri favorevoli già resi sul progetto proposto dai ricorrenti nella gara di che trattasi, le misure di ‘salvaguardia’ previste nelle norme transitorie e finali (art. 63) impedirebbero, oggi, la realizzazione del medesimo progetto già assentito e costituente l’oggetto della gara già aggiudicata, che è stata per l’effetto sospesa”.

Il TAR ha ritenuto pertanto che “così circoscritto il thema decidendum, il ricorso è fondato e va accolto” confermando il recente arresto giurisprudenziale (invocato dai ricorrenti) di cui alla sentenza di questa stessa Sezione n. 2173/2015.

Scrivono i giudici amministrativi che: “Con detta pronuncia la Sezione ha avuto modo di precisare che:

– in virtù della strutturale unitarietà dell’ordinamento giuridico della Repubblica, la normativa statale (id est. il D.Lgs. 42/2004) è idonea, per forza propria e senza bisogno di alcun previo atto di recepimento da parte della Regione, a regolamentare anche materie attribuite alla competenza legislativa esclusiva della stessa (come stabilita nello Statuto regionale), nei limiti in cui non sia stata ancora concretamente esercitata, sul punto, la prefata competenza esclusiva;

– …la Regione non ha ancora normato la materia “tutela del paesaggio” con una propria disciplina organica ed omogenea, …dal ché il Collegio conclude che il d.lgs. 42/2004 sia integralmente e direttamente applicabile nell’Isola (nello stesso senso cfr. il parere dell’Ufficio Legale e Legislativo della Regione Siciliana n. 88/2004;

– l’indirizzo esegetico sollecitato in quel ricorso, e riproposto anche in questa sede dagli attuali ricorrenti, dovrebbe condurre ad escludere l’applicabilità in Sicilia pure dell’invocato R.D. 1357/1940 quale norma statale previgente allo Statuto che, in quanto afferente a materia ex post attratta alla competenza legislativa esclusiva della Regione, sarebbe divenuto inefficace nell’Isola;

– sulla base di una attenta interpretazione del contenuto precettivo dell’art. 143 d.lgs. 42/2004, occorre ritenere che il legislatore nazionale abbia operato una differente modulazione degli effetti tra: A) le “prescrizioni di tutela”, ossia le specifiche e puntuali disposizioni relative a ben individuati “beni paesaggistici” (come tipologicamente enucleati nell’art. 134), che ostano, sin dall’adozione del Piano, alla realizzazione di “interventi” di segno contrario, e B) le più generali “previsioni”, ossia gli indirizzi di massima stabiliti dal Piano, che invece acquistano cogenza (e prevalgono sulla configgente pianificazione territoriale ed urbanistica) solo con l’approvazione in sede regionale del Piano (approvazione che nel caso a mano, secondo quanto è pacifico in atti, non è mai intervenuta)”.

“Partendo da tali premesse – si legge nella sentenza –, la Sezione ha quindi affermato che l’atto di adozione del Piano non può genericamente ed indistintamente impedire la realizzazione degli interventi, pur già autorizzati dalla Soprintendenza, che siano in contrasto con le “disposizioni” del Piano stesso, giacché tale forza preclusiva è propria, a tenore dell’art. 143, comma IX, del “codice”, solo delle specifiche, puntuali e concrete “prescrizioni”.

I principi giurisprudenziali sopra richiamati, dai quali il Collegio non trae oggi motivo di discostarsi, trovano applicazione anche alla presente controversia nella quale, al pari di quella decisa con la sentenza n. 2173/2015, il diniego opposto dall’Amministrazione fa riferimento alla ritenuta non compatibilità del (già approvato) progetto con le generali previsioni del sopravvenuto piano paesaggistico (solamente adottato) e non anche a specifiche “prescrizioni di tutela”.

Per tali motivazioni il TAR ha quindi annullato il d.d.g. n. 8470 del 4/12/2009 nella parte in cui, relativamente alle norme transitorie e finali, all’art. 63 dispone che: “le autorizzazioni già rilasciate da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali per progetti di opere non ancora intraprese alla data di adozione del presente Piano, restano valide per il termine di cinque anni dalla data del rilascio, come previsto dal regolamento 1347/40 limitatamente alle aree in cui il Piano non preclude loro la realizzazione”, il provvedimento prot. 52608 del 29/10/2015 del Serv. VIII dell’Ass.to BB.CC.AA. e I.S., e il parere reso dalla Soprintendenza di Messina nella Conferenza di servizi del 09/07/2015.

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