giovedì, Aprile 25, 2024
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Da Comiso a Niscemi Generazioni di pace

Chi l’ha detto che i giovani non s’impegnano più? La folla colorata e pacifica di Niscemi, i comitati che sorgono dappertutto, sono un segnale preciso. Che i politici ignorano

Come ritrovarsi a vent’anni. Con le stesse energie, l’ingenuità di ritenere il mondo diviso in buoni e cattivi, noi i buoni, loro i cattivi. Con il sorriso dipin­to nel volto, gli occhi luminosi. E belli. I colori, poi, sono ancora gli stessi. L’azzurro del cielo siciliano in ottobre e le campagne che dopo l’arida estate tor­nano a macchiarsi di verde. E quelli dell’iride, il ponte della rinnovata allean­za tra l’Uomo e l’Eterno. La natura. La speranza di pace.

Noi che abbiamo ormai i capelli grigi abbiamo sentito di rivivere l’ansia, le gioie, l’allegria festosa di quando circon­davamo con i nostri corpi il filo spinato di quella che sarebbe diventata la base della morte atomica, a Comiso, trent’anni fa.

Stavolta però siamo a Ni­scemi, nel cuore dell’ultima sughereta di Sicilia. A destra le querce plurisecolari, a sinistra la selva di antenne di una delle stazioni di telecomunicazioni militari più grandi del mondo.

Sabato 6 ottobre, alla prima manifesta­zione nazionale contro l’Eco MUOStro che – nelle intenzioni di Washington – do­vrà condurre sciami di droni ad invadere e disseminare il lutto nel pianeta, abbia­mo ritrovato l’Altra Sicilia, quella che non vedevamo dalle lunghe marce contro i missili Cruise e i tragici cortei dopo l’attacco allo Stato da parte dello Stato con le bombe e gli artificieri di Cosa no­stra e dell’eversione neofascista. Quella Sicilia che non ha diritto di cittadinanza nei consigli comunali e alla Regione ma che non si china al passaggio del potente. Quella Sicilia che ripudia le armi e la guerra, s’indigna per le carcerazioni e gli abusi sui migranti e i richiedenti asilo, che difende i territori dai saccheggi, le colate di cemento, le perforazioni.

Giovani e studenti, i disoccupati e i precari per tutte le stagioni, i cassintegra­ti di Termini Imerese, quelli che nelle campagne e nelle serre la cassa integra­zione non la vedranno mai. Le madri, le bambine, tantissime donne ed essere donna in Sicilia è due volte più duro che esserlo altrove. Il popolo dei No Muos incarna l’utopia dell’esserci e contare, del non delegare diritti e speranze.

Un popolo che ringrazia quei magistra­ti in prima linea per la verità sulle Stragi e la Trattativa e quelli che han sfidato lo Zio Sam, mettendogli in catene a Nisce­mi la mostruosa creatura generatrice dell’apocalisse. Ma che sa bene che con­tro la Mafia e il MUOS non si vince nel­le aule giudiziarie, perché è lotta politica, di piazza, nei quartieri, un con­fronto-scontro sociale. Un conflitto per il cam­biamento e la trasforma­zione delle rela­zioni umane e sociali, per la giustizia economica in difesa dei Beni Comuni, per l’affermazione dell’uguaglianza e la promozione dei diritti.

Oggi siamo più maturi di trent’anni fa, quando ritenevamo impossibili nuove guerre e ci nutrivamo dei miti del Pro­gresso e della mobilità sociale. Sappiamo che la riconversione a uso collettivo delle basi di guerra non è un assunto etico ma è la scelta obbligata per assicurare la so­pravvivenza a figli e nipoti. Bandire le armi è l’ultima opzione per garantirci pane e lavoro. Opporci al MUOS è ri­prenderci la Vita.

Di fronte al muro di gomma e falsità innalzato dagli strateghi del Pentagono e dai servi sciocchi dei Monti boys, forse saremo costretti a distenderci supini sulle viuzze di contrada Ulmo e rendere inagi­bile e inoperativa l’enorme ordigno elet­tromagnetico made in U.S.A. che avvele­na da oltre vent’anni i figli della terra di Niscemi.

Dovremo assumerci le nostre responsa­bilità sino all’ultimo. Rischiando di offri­re le nostre persone alla cieca e ottusa re­pressione dei corpi dello Stato. Ma è in gioco il senso stesso della storia umana, con le sue mille contraddizioni ma con il suo valore unico, supremo. Dovremo provarci. Insieme. In quest’ultimo autun­no senza il MUOS e i suoi satelliti nello spazio.

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