giovedì, Aprile 25, 2024
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Catania città aperta?

Volevamo dire alcune cose in merito all’ennesima aggressione avvenuta il 14 febbraio in un pub del centro storico catanese ai danni di una trans che in quel locale aveva deciso di trascorrere la serata. Michelle Santamaria, estetista transessuale di Licata, si trovava in compagnia di un’ amica dentro un pub in via Michele Rapisardi, vicino al Teatro Massimo Bellini. Le ore erano trascorse ballando, festeggiando il giorno di San Valentino ma verso le 4 del mattino Michelle viene insultata da un ragazzo con l’immancabile “Bastardo frocio devi morire” e colpita con un pugno in pieno viso. Altre persone, il branco, giovani e giovanissimi, la fanno cadere e la colpiscono nuovamente con calci e pugni.

Michelle non viene soccorsa da nessuno, nemmeno dai gestori del locale ma anzi viene inseguita dagli aggressori, alcuni dei quali armati. Riesce ad arrivare in Questura e denunciare il fatto, viene soccorsa e medicata all’ospedale Garibaldi dove le riscontrano trauma cranico e toracico e una vertebra fratturata, con una progosi di 25 giorni. Vogliamo esprimere la nostra solidarietà a Michelle, riconoscendole il coraggio di essersi esposta con una denuncia pubblica e augurarle di rimettersi al più presto da questa ignobile avventura conoscendo perfettamente le dinamiche incontrollabili che scatenano questi accadimenti.

Come Open Mind siamo accorsi in difesa di una trans sieropositiva che a San Berillo non era stata fatta salire in ambulanza, chiamata perché si era sentita male, e tante volte abbiamo raccolto il disagio, il dolore e le lacrime di volti e anime ferite nei corpi e nella dignità, accompagnati in questo, dalla solidarietà concreta di donne e uomini, compagne e compagni.Catania non è una città immune dalla violenza contro chi ha il coraggio e il desiderio di mostrare un aspetto diverso e non conforme alla cultura dominante del nostro paese. Le parole di Michelle ce lo confermano. “Mi hanno aggredita perché ho un viso maschile e non femminile come si aspettavano”. Come a dire che ognuno di noi deve corrispondere a ruoli e comportamenti normati, che non diano scandalo.

Se pensiamo che a dicembre una donna, Stefania Noce, una ragazza giovane e fiere della sua donnità, è stata massacrata dal suo fidanzato, ci rendiamo conto di come la nostra terra sia ancora pregna di cultura patriarcale che si traduce in disprezzo e violenza contro i corpi che la mettono in discussione. Donne, gay, lesbiche e trans, nella loro identità non normata, e quindi rivoluzionaria, sono comunemente considerat* soggetti fragili e a rischio. Capovolgiamo questo paradigma, facciamo diventare il limite una risorsa, così costruiremo un mondo altro.

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