lunedì, Aprile 29, 2024

giustizia

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Politica e giustizia

Ci risiamo. Varie Procure, facendo il loro dovere, scoprono scandali su scandali. Uno più grave dell’altro. Ma qualcuno, oscenamente, recupera stan­chi ritornelli. E li ri-suona sperando che qualche testa permeabile se ne la­sci ancora incantare. Dischi rotti che insultano i magistrati, accusandoli di fare politica con le loro “manone” giacobine e con interventi immanca­bilmente definiti ad orologeria.

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“Ti delego, ma guai se indaghi su di me”

L’intervento giudiziario è in espansione in tutti i sistemi democratici. Le cronache di questi giorni (caso de Villepin in Francia e intervento della Corte costituzionale in Germania) dimostrano che non si tratta di una questione specificamente italiana. Anzi, la diffusione del fenomeno significa che esso ha dimensioni oggettive e non è il risultato (come si vorrebbe far credere nel nostro Paese) di forzature soggettive.

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Sotto la Corte la mafia campa

Qui Lombardia, anni duemila. Pare di stare nella Sicilia, anni ottanta del secolo scorso. Vi ricordate quando la Corte di Cassazione era nelle mani di chi sosteneva che Falcone fosse “una faccia di caciocavallo”? Era costui il giudice Corrado Carnevale, che non per niente presiedeva la prima sezione della Suprema Corte. Per la “sua” sezione dovevano passare, senza scampo, tutti i processi di mafia e di camorra. Alla faccia del principio del giudice “naturale”, i mafiosi sapevano di avere invece un giudice “precostituito”, il “loro” giudice, quello cioè che comunque avrebbe sempre deciso, alla fine, delle loro sorti. E Carnevale decideva “bene”, almeno dal loro punto di vista.

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