domenica, Aprile 28, 2024
-mensile-Interviste

Il viaggio e la meta

Se dovessimo spiegare a una giornalista te­desca in visita a Catania che cosa sono stati I Sici­liani rac­conteremmo di una città in guerra con­tro la mafia e contro uno Stato all’epoca sor­nione e spesso colluso. Racconteremmo di un in­tellettuale del Sud che si chiamava Pippo Fava e scelse di partire dai giovani (“i gio­vani sono liberi”) per spiazzare il nemico in que­sta lotta per la democrazia vissuta in una città di fron­tiera che poteva essere Ca­tania o Casal di Principe, Latina o Milano, Ge­nova o Prato.

Se dovessimo spiega­re perché siamo ancora qui e perché abbiamo scelto di continuare a fare un giornale diretto ancora (per noi) da Pip­po Fava oggi racconte­remmo di una “guerra” che si è este­sa da Cata­nia a Berli­no, dalla Ni­geria a Torino, ma che non se n’è mai andata dello Zen di Paler­mo, né da Libri­no a Catania.

Non sappiamo ancora dire – non abbiamo ancora le parole giuste – che cosa sia di­ventata oggi quella mafia che, come dice­va il nostro direttore, “investe nelle ban­che ed è persino nei palazzi delle istituzio­ni”.

“Chi vi paga?” ci chiederebbe alla fine la brillan­te giornalista tedesca. Come trent’anni fa, non ci sono editori che sentano propria que­sta battag­lia. Come allora fa siamo tutti un po’ assorti nelle nostre personali o locali batta­glie antimafia (sempre migliori di quelle por­tate avanti dal vici­no…). Però è la nostra storia e il direttore l’aveva capito: non solo la qua­lità, non solo il coraggio delle nostre firme di punta che hanno fatto inchieste negli anni, non solo l’intuizione di guardare al web già quindici anni fa. Ma un sano e lucido passaggio di testimone.

Il senso è nel viaggio e non nella meta: ep­pure, noi dei Siciliani Giovani, redazione dif­fusa e talvolta confusa, quella meta che Fava indica­va non la vediamo più così lontana. E sceglia­mo di andare avanti.

I boss e i loro fiancheg­giatori in giacca e cravatta il nostro sorriso, dalle manifestazioni in strada alle aule dei tri­bunali, non se lo aspet­tano. Ed è la nostra arma migliore.

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