Il modello Sapienza
Un mese al via alla riforma dell’accesso a medicina
Soffia scirocco sulla sera d’estate di una città universitaria quasi deserta. Mancano trenta giorni all’avvio del semestre filtro voluto dalla riforma sull’accesso ai corsi di laurea di medicina. Noi docenti coinvolti lavoriamo da oltre un mese praticamente solo a questo. Mi prendo una pausa da questa isteria didattico-istituzionale e vado a fare quattro chiacchiere con la Minerva.
La Minerva è il simbolo della mia università. Ma si sa, quella statua porta sfiga. La leggenda che circola da decenni racconta che chiunque incroci il suo sguardo è destinato ad una sonora sconfitta. Mentre lei alza le braccia in segno di divina vittoria, per uno studente i suoi occhi sono più nefasti di quelli di Medusa: sconfitta all’università vuol dire bocciatura. Nel nostro campus (il più grande d’Europa), nessuno tra docenti e studenti osa alzare lo sguardo. Davanti a lei si muove una comunità compita e dimessa.
Fa caldo, Mi prendo una pausa dal ciclo riunioni con i presidi, chimici, fisici, colleghi biologi e case editrici. E vado a parlarle. Ho bisogno di alcune spiegazioni e Minerva me le darà. Lo ha sempre fatto. Basta solo stare attenti, stare sotto di lei e non alzare mai lo sguardo.
Eccola.
* * *
– E quindi a quanti iscritti siamo arrivati?
“Ieri sera 5687, ma manca ancora un giorno”.
– Capisci che passiamo da 1100 studenti a più di 6000? Ogni docente aveva 150 studenti in aula, ora ognuno di noi deve insegnare a 1100 ragazzi. Ma in una lezione di due ore io come rispondo alle domande di più di mille ragazzi?
“Da te mi aspetto soluzioni, non problemi”.
– Ma c’era bisogno di forzare il sistema per garantire lezioni in presenza? Guarda gli altri atenei, tutto si fa online, didattica a distanza. Noi? Noi per garantire la presenza ci siamo impossessati delle aule di Giurisprudenza, Lettere, Psicologia e Ingegneria. Ma che senso ha?
“Noi siamo la Sapienza, siamo l’Università che seleziona la classe dirigente del Paese. Ci guardano, guardano prima noi. E noi siamo quelli che le lezioni le garantiscono in presenza”.
– È follia, come è follia quando ci dite che il ministero vorrebbe che si chiami “semestre aperto” e non “semestre filtro”. Io continuerò a dire semestre filtro, anche in aula.
“È una tua scelta. L’uomo ardito ha sempre il vantaggio in ogni cosa che dice”.
– È una riforma che limita la libertà di insegnamento sancita nell’articolo 33 della costituzione, e sono venuto a dirvelo in faccia quando mi avete voluto nel gruppo di lavoro di ateneo.
“Ti abbiamo chiesto di entrare in una macchina organizzativa, non nel ventre di un cavallo di legno”.
– Mi stai lasciando solo.
“No, contiamo che molto verrà dalla tua mente, ma altro te lo ispirerà un dio: sei qui e puoi parlarmi” è perché non credo che contro la volontà degli dèi tu sia nato e cresciuto.
– Che funzioni il modello Sapienza di questa assurda riforma dipende anche da me. Guardiamoci negli occhi se davvero dobbiamo dirci che tutto questo funzionerà.
– “Smettila Polutropos, mai sazio di inganni, neppure adesso che sei nella tua terra vuoi rinunciare alle bugie, alle invenzioni e agli inganni che ti sono cari. Entrambi sappiamo essere astuti, ma tu abbassa lo sguardo e ricorda che io, fra tutti gli dèi, sono famosa per intelligenza e saggezza.
– Ahimè, sempre gli uomini accusano gli dèi: dicono che da loro provengono le sventure, mentre è per i nostri errori (e per quel che votiamo) che patiamo e soffriamo oltre misura.
