giovedì, Dicembre 12, 2024
Interviste

Il guaio di chiamarsi Luraghi

Si chiama Barbara Lu­raghi e da quattro anni nel suo cantiere riceve conti­nue inti­midazioni

Gennaio 2009, le for­ze dell’ordine sco­prono ad Arluno una delle più impor­tanti cave dell’hinterland milane­se ge­stite dalla crimi­nalità organizzata… Ricordate? Nel corso dei lavori per la Tav Milano-Torino i clan mafiosi dilan­iano il territorio agricolo riem­piendo di ri­fiuti, anche tossici, quasi 300mila me­tri cubi di terreno prece­dentemente smembrato per ricavare mistone, sab­bia e ghiaia per i cantieri.

Oggi, a quasi quattro anni di distanza, è Barba­ra, la figlia di Maurizio Luraghi, imprenditore lombardo vittima e carnefi­ce del mondo ‘ndranghetistico, ad attira­re l’attenzione dell’opinione pubbli­ca.

Il padre, condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi nel giugno 2010, cono­sceva bene la larga e profonda voragine di Arluno: un vero e proprio tesoro per la criminalità organizzata, un giro d’affari milionario, oltre che l’occasione allettan­te e pressoché gratuita per smaltire ton­nellate e tonnellate di materiale ‘ingom­brante’.

Si chiama Barbara Lu­raghi e da quat­tro anni nel suo cantiere riceve conti­nue inti­midazioni da parte di ignoti: macchin­ari bruciati, biglietti con scritte mi­natorie la­sciati sul parabrezza dell’auto, insulti gratuiti fuori dall’istitu­to scolasti­co fre­quentato dai suoi due fi­gli di 11 e 6 anni.

“Io denuncio e continuerò a farlo, per­ché so che è im­portante, vista anche l’espe­rienza che sta passando mio papà sono invogliata a de­nunciare”: chiare le parole dell’imprendi­trice 34enne di Po­gliano Milanese.

I latini dicevano ‘Nomina sunt conse­quentia rerum’, i nomi sono conseguenza delle cose. E’ questo il caso di Arluno. Provincia di Mi­lano, 12mila abitanti po­sizionato fra Ner­viano e Sedriano: Arlu­no è uno dei tanti insospettabili paesi dell’hinter­land mila­nese. Il suo nome de­riva dal la­tino ‘Ara Lunae’, letteralmente ‘altare della luna’. Un altare sacrificale.

Perchè è questo che oggi è il Sud Ovest milane­se, e il piccolo comune dal suolo ricco di mistone e la voragine di rifiuti illeciti ne è solo un esempio. Cittadini lavoratori, commer­cianti e impiegati. C’è chi fa il pendolare e ogni mattina prende il treno per recarsi nell’ufficio a Rho, Milano, oppure nella vicina Magenta dove con cambio di binario si può, nel giro di un’oretta, essere a Torino.

Maurizio Lu­raghi dice che tutta Milano scaricava nel­la cava di Arluno, anche in pieno giorno, indisturbati dalle istituzioni del territorio e dagli amministratori comunali.

Barbara porta sulle spalle un cognome ingombrante. Da quando la magistratura ha giudicato colpevole il padre, è lei a gestire l’azienda di famiglia Lavori Stra­dali Srl. La Guardia di Finanza del nu­cleo investigativo di Pavia descrive Mau­rizio Luraghi come il classico imprendi­tore a disposizione della mafia, “Ma a differenza degli altri affiliati, lui è uomo del Nord, un uomo che parla: non ha la forma mentis tipica dell’omertoso meri­dionale appartenente ad associazione cri­minosa”.

La Procura l’ha riconosciuta come vit­tima di estorsione, il Comitato Nazionale Antiracket ha quantificato il danno a ol­tre 1 milione di euro, la Prefet­tura di Mi­lano ha disposto che lo Stato le risarcisca la somma di denaro perduta anche a se­guito dei continui attentati alla sua attrez­zatura edile: ma niente, da Roma i soldi tardano ad arrivare.

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