martedì, Dicembre 10, 2024
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“Fratello colpevole, non sei un nemico”

Papa Francesco, ricevendo una delega­zione di avvocati cattolici di ogni parte del mondo, è intervenuto su vari impor­tanti profili della giustizia penale. I me­dia hanno dato un rilievo grandissimo (in alcuni casi esclusivo) al tema dell’ergastolo, definito dal Pontefice come una “pena di morte mascherata”.

Ma ci sono state altre sue riflessioni che meritano altrettanta attenzione. In particolare le veementi parole contro la piaga della corruzione e contro il malfun­zionamento del sistema giudiziario, che colpisce solo i pesci piccoli e lascia liberi i grossi. E poi il biasimo per la carcera­zione preventiva, considerata non in sé quanto piuttosto con riferimento agli abusi che se ne possono fare; unitamente alla condanna senza riserve delle pessi­me condizioni di vita in carcere, a partire dal sovraffollamento. 

Anche in carcere, i diritti 

Anche in carcere l’illegalità si com­batte coi dìritti. Un carcere che invece non rispetta la dignità delle persona e neppure gli spazi vitali, un carcere de­gradante è una palestra di delinquenza e di affiliazione ai gruppi criminali.

Con conseguenze nefaste non solo per il sin­golo detenuto, ma anche per la so­cietà stessa, che vede messa ancor più a ri­schio la sua serenità e sicurezza.

Per l’ovvia ragione che ogni detenuto recuperato, invece di tornare a delinque­re, cessa di essere un pericolo per la col­lettività. 

La pratica infame delle torture 

Il Papa si è anche scagliato contro la pratica infame delle torture e contro l’esistenza in varie parti del mondo di campi di concentramento o prigioni “speciali” (il pensiero di tutti è andato a Guantanamo).

Durissima la condanna delle “esecu­zioni extragiudiziali” che purtroppo af­follano le cronache di questi tempi sem­pre più cupi. Non meno dura l’esecrazio­ne contro le nefandezze – praticate da al­cuni stati e tollerate se non favorite da al­tri – delle “extraordinary rendition”, cioè delle azioni di cattura/deportazione/de­tenzione di elementi “ostili” in quanto sospettati di terrorismo, eseguite in for­me illegali e clandestine.

In sostanza, il Papa ha sviluppato un discorso molto ampio e di alto livello. Un indirizzo preciso per tutti gli uomini di buona volontà che operano nel settore delle giustizia penale.

L’obiettivo è di dare alla giustizia la forza di vincere il male col bene. Che non significa affatto sminuire il male. Il male resta male, quindi nessun buoni­smo, perdonismo, giustificazioni­smo. Sa­rebbe vanificare la giustizia. Il problema è provare, per quanto difficile sia, ad in­ventare forme di risposta al male che sia­no capaci di contenerlo, rico­struendo il tessuto sociale diviso da ini­micizie pro­fonde. La chiave è l’attenzio­ne verso la persona, anche quando ha sbagliato.

Concetti che tendono ad una giustizia dal volto umano, capace di accertare le eventuali responsabilità nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e di evita­re che la pena scivoli nelle spirali tortuo­se della persecuzione vendicativa, finen­do per essere (come si è visto) inefficace se non controproducente. 

Una giustizia dal volto umano 

Ecco allora, nell’insegnamento del Papa, qual è il senso di una giustizia giusta: evitare che il presunto colpevole sia sottoposto a pratiche e trattamenti le­sivi della sua dignità; ed evitare che ci si accanisca su chi sia dichiarato colpevole fino a schiacciarlo e impedirgli di cam­biare.

Un pensiero su ““Fratello colpevole, non sei un nemico”

  • jb Mirabile-caruso

    Cittadino Caselli,

    un fratello colpevole – colpevole di avere infranto una delle Leggi della Società – è un nemico fino a quando non riscatta se stesso.

    Se mai esistesse questa fantomatica conciliabilità del Bene e del Male, dovremmo comunque attendere il riscatto del Male – unilateralmente voluto e conseguito – prima che Esso ridiventasse fratello del Bene.

    Fino a quel momento, sul Bene incombe il DOVERE della lotta e della sconfitta del Male!!!

    Chi si tira fuori da questa lotta è un miserabile IGNAVO!

    Cordialmente.

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