lunedì, Aprile 29, 2024
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Un Maglio nella coscienza dei bocconiani

Qualcosa di insolito anima la via dell’Uni­versità più chiacchie­rata degli ultimi 15 mesi. Il Sindaco di Mi­lano, Giuliano Pisapia, è in via Bocconi…

Intorno a lui una piccola folla di per­sone, una statua coperta, qualche ragazzo che assiste curioso. Telecamere, flash, il Rettore. Un’aria diversa si respira in que­sta via. Sarà perché molti tra i presenti hanno vissuto insieme l’esperienza dei moti studenteschi degli anni ’70. Perché hanno condiviso il dolore della perdita di un amico, di un fratello, di un figlio. 

Ricorre il quarantesimo anniversario della morte di Roberto Franceschi, boc­coniano che in questo luogo fu raggiunto al capo da un proiettile impunito. La fon­dazione in suo onore opera, da allora, perché la morte e i valori di Roberto non siano motivo di mera commemorazione. Lo dice la madre, Lydia. Suo figlio è il simbolo di “un’ingiustizia che diventa, per i milanesi, sorgente di speranza e di impegno”. Si racconta di un Movimento Studentesco forte che univa gli studenti di tutte le università milanesi e gli operai. Insieme volevano fare assemblea: un modo per confrontarsi, conoscere le esperienze di disagio, cercare una sintesi in questa strana e frammentaria corsa, per non correrla da soli. Il Maglio, commissionato dal Movimento Studentesco in memoria di Roberto, sorge nel luogo dell’omicidio dal 1977 ed oggi viene donato alla città di Milano. La dedica iscritta sul Maglio risuona forte in questa via: “A Roberto Franceschi e a tutti coloro che nella nuova resistenza dal ‘45 a oggi caddero nella lotta per affermare che i mezzi di produzione devono appartenere al proletariato”.

Chissà quanti, nelle generazioni che si sono succedute, si sono imbattuti in que­ste parole. Chissà se ci hanno mai riflet­tuto sopra, se le hanno trovate insignifi­canti, o se invece qualcuno è riuscito a coglierne l’afflato ideale, a non trovarlo inconciliabile con la sua posizione pro­prio in questa via.

In due occasioni, da quando sono una studentessa bocconiana, la nostra univer­sità è stata sede di protesta dei movimen­ti studenteschi esterni. Eravamo noi l’oggetto della protesta, noi servi del si­stema, noi lobby, noi privilegiati che non soffriamo la crisi da noi creata. Noi, che nella nostra storia abbiamo avuto Rober­to Franceschi. Quei ragazzi erano testi­monianza di un forte disagio che per­vade la nostra generazione, che nella perfezio­ne della macchina bocconiana si vive poco. E se hanno trovato nella no­stra casa il luogo del conflitto, il proble­ma, pure in forma diversa, esiste.

Mi sono chiesta se abbiamo avuto la colpa di esserci adagiati nell’etichetta dei “privi­legiati” che frequentano l’universi­tà pri­vata e non subiscono la crisi, o se a que­sta rappresentazione falsata non sia­mo stati in grado di opporci. Che fine aveva­no fatto le lotte di Roberto, che ere­dità eravamo stati capaci di raccogliere?

Ho temuto che con lui e con il Movi­mento Studentesco si fosse esaurita la ca­pacità e la voglia di avanzare istanze so­lidaristiche. Ma questa ricostruzione non rende onore a una realtà: quella di tanti bocco­niani, di sinistra e profondamente solida­li, che non si riconoscono nelle eti­chette precostituite.

La commemorazione di Roberto mo­stra che la mia Università è stata altro, e può continuare ad esserlo. È stata parte­cipe delle discussioni interuniversitarie, quando gli studenti conquistavano pezzo per pezzo diritti che oggi paiono scontati, ma che scontati non lo erano affatto.

Nel­le parole del Rettore, che ha defini­to Ro­berto un “autentico bocconiano”, ma so­prattutto nella partecipazione di tanti stu­denti alla commemorazione, mi convinco del fatto che è possibile rima­nere sensibi­li anche nelle palestre consi­derate privi­legiate della formazione. E questo vuol dire superare le barriere dell’individuali­smo, vuol dire che la soli­darietà è un valore che travolge e appas­siona.

Non è morta negli anni ’70, non siamo diventati impermeabili al disagio sociale. Noi studenti tutti, non solo boc­coniani, ci sentiremo tali nella memoria di Roberto. Nella sua convinzione che la ricerca scientifica deve essere messa a disposizione dei più deboli, degli sfrutta­ti. Non solo del nostro egoista, singolo interesse.

 

SCHEDA

Roberto Franceschi, ragazzo

Roberto Franceschi nasce a Milano il 23 luglio 1952 da Lydia e Mario, entrambi appartenenti a famiglie della media borghesia. Vive due anni in Sicilia, ma torna a Milano per completare gli studi liceali presso il Liceo Scientifico Statale “Vittorio Veneto”, conseguendo il diploma di maturità con il massimo dei voti. Già negli anni del liceo si avvicina politicamente al Movimento Studentesco. Si iscrive alla facoltà di Economia politica presso l’Università “Luigi Bocconi”, in cui diventa uno dei leader del movimento studentesco. Si opponeva all’idea che l’impegno politico potesse sopperire allo studio perché credeva che l’essere dalla parte degli sfruttati significa mettere a loro disposizione il meglio della ricerca scientifica. Il 23 gennaio 1973 avrebbe dovuto svolgersi un’assemblea del Movimento Studentesco, presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi. Il Rettore dell’Università ordinò, contrariamente a quanto fino ad allora accaduto, che avrebbero potuto accedere solo studenti della Bocconi. Lavoratori e studenti delle altre università sarebbero rimasti, quindi, esclusi, contrariamente a quanto fino ad allora accaduto. Il Movimento Studentesco si oppose a questa decisione, e il Rettore informò la polizia, che intervenne con un reparto della celere, che si scontrò con gli studenti e i lavoratori. Mentre questi si allontanavano, poliziotti e funzionari spararono ad altezza d’uomo. Colpirono al capo lo studente Roberto Franceschi, che morì dopo una settimana di coma il 30 gennaio 1973. L’operaio Roberto Piacentini rimase invece gravemente ferito.

Il monumento: Il Maglio è una scultura di sette metri d’acciaio, creato dalla collaborazione di diversi artisti, sotto la guida del designer Enzo Mari. È stato realizzato nel 1977 su commissione del Movimento Studentesco. La Fondazione Franceschi l’ha donato alla città di Milano, in occasione del quarantesimo anniversario dell’omicidio.

La Fondazione Franceschi: nasce nel 1996, per ricordare Roberto. Svolge attività nel settore della ricerca scientifica di particolare interesse sociale. Promuove studi, ricerche, eroga borse di studio e premi di laurea a studenti universitari meritevoli i cui studi contribuiscano all’attività di ricerca scientifica della Fondazione.

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