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E in chiesa, porte aperte

Siracusa: padre Carlo accoglie i poveri e denuncia il caporalato

“Stiamo vivendo un clima di pre-fascismo superabile solo puntando sulla conoscenza reciproca e rinunciando a paure irrazionali”, dice padre Carlo D’Antoni della chiesa di Bosco Minniti a Siracusa.

foto Malavolta

“Ho 64 anni, da 28 sono in questa parrocchia e accogliamo chi ha bisogno. Prima venivano soprattutto tossicodipendenti, ma dal 2000 si sono intensificati i flussi migratori. Da qui sono passate almeno 30.000 persone. Abbiamo avuto anche più di 100 ospiti contemporaneamente. Per noi la chiesa è una casa con le porte aperte dove in ogni momento può entrare chiunque ne abbia bisogno”.

Mentre parla, nel campetto alle sue spalle c’è un viavai di ragazzi provenienti da varie parti dell’Africa che lui chiama tutti per nome.

“Lui è Mamadou, viene dal Mali, ha una compagna con una figlia e una madre disabile nel suo paese. Lo stanno processando come scafista, ma era solo più povero degli altri. Quattro persone hanno testimoniato contro di lui”, racconta padre Carlo indicando un ragazzo di circa 20 anni. Mamadou nel frattempo entra, saluta e va via dicendo che ha appuntamento con l’avvocato. “Non posso tornare in Mali. Io devo aiutare la mia famiglia. Uno zio mi ha dato dei soldi per il viaggio ma non ho come restituirli”.

Padre Carlo lo guarda andar via e continua “Perché non parliamo dei problemi veri? Perché avviene l’esodo dall’Africa? Guardiamo tutto dalla nostra prospettiva, ma il vero problema è proprio in Africa: un continente ricchissimo da cui si deve andar via perché i giovani non hanno futuro. La terra non dà frutti a causa di siccità, erosione del suolo e inquinamento causato principalmente dalle multinazionali che spremono le risorse fino all’ultima goccia senza preoccuparsi delle conseguenze. Perché non parliamo di questo?”.

Padre Carlo ha aperto le porte della parrocchia accogliendo ragazzi cui garantisce anche assistenza legale. La sua idea di accoglienza è precisa: istruzione, formazione professionale e inserimento lavorativo per evitare l’emarginazione.

“Smettiamola di vederli come dei poverini a cui noi buoni concediamo qualcosa. Hanno la nostra stessa dignità e meritano rispetto. Serve un progetto a lungo termine che includa corsi di formazione per il mercato del lavoro e finiamola con questa stupidaggine che ci rubano il lavoro. Il problema è che non creiamo sane opportunità di sviluppo”.

Padre Carlo da anni difende anche le vittime del caporalato che nella zona di Cassibile sfrutta i rifugiati -principalmente sudanesi- per la raccolta delle patate. La manodopera a basso costo dei migranti è funzionale all’agricoltura siciliana, ma viene spazzata via quando non serve più come avvenuto a fine luglio.

“Lo sgombero è stato fatto a fine stagione, quando non c’era più nessuno. Ormai non servivano più e sono arrivate le ruspe. Ma questa non è giustizia. Noi non pretendiamo di salvare il mondo, però vogliamo essere giusti”.

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