mercoledì, Ottobre 9, 2024
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Catania, Confindustria indica la luna e Trantino guarda gli archi della marina

Non sono gli archi della marina a separare il porto dalla città ma le scelte di chi ha gestito l’autorità portuale fino ad oggi, gli interessi mafiosi, le logiche predatorie di imprenditori senza scrupoli, i silenzi di amministratori collusi e compiacenti che non hanno mai fatto valere gli interessi della città.

Non sono gli archi della marina a separare il porto dalla città ma la decisione sbagliata e dannosa di non trasferire ad Augusta il traffico commerciale, continuando a mantenere nel centro storico di Catania una immensa area doganale, centinaia di Tir, migliaia di container.

Il porto è chiuso alla città perché ostaggio di alcune grandi imprese della logistica e compagnie navali commerciali, che manipolano impunemente le scelte istituzionali. Un settore sensibilissimo alle infiltrazioni mafiose, perché funzionale al traffico di droga, armi, merci e idrocarburi di contrabbando.

Il porto è chiuso alla città, ai suoi cittadini e alle istituzioni democraticamente elette perché è comodo per alcuni poteri, garantirsi l’influenza senza interferenze su un ufficio che smuove decine di milioni di euro, concessioni commerciali, concessioni edilizie, trasformazioni urbanistiche, interessi affaristici di valore immenso.

Non sono gli archi della marina a separare il porto dalla città ma la decisione, per esempio, di affidare a privati, per pochi euro pagati in ritardo, un palazzo interamente ristrutturato con fondi pubblici. Un palazzo nato per essere polo di fruizione turistica e trasformato in discoteca privata.

Sono i rampolli delle famiglie mafiose che sparano e picchiano la gente fuori da quella discoteca a chiudere il porto alla città, non gli archi della marina.

Non sono gli archi della marina a separare il porto dal mare ma una cancellata lunga chilometri che impedisce ai quartieri di San Cristoforo e degli Angeli Custodi di svilupparsi e ritrovare una dignità grazie anche al rapporto col mare.

Il porto è chiuso perché il Comune è succube dell’autorità portuale a tal punto che la pista ciclabile pedonale direzione playa, che si sarebbe potuta realizzare con qualche migliaio di euro dentro l’area portuale, è stata progettata, e non ancora pienamente realizzata, nell’intasatissima via Domenico Tempio, al centro delle carreggiate che costeggiano il porto.

Il porto è chiuso alla città e lo è sempre stato, anche quando si buttavano 100milioni di euro per una darsena crollata dopo pochi mesi, quando con i lavori di ammodernamento si è fatto scempio del corso del torrente Acquicella lasciando insabbiare il porto.

Sono le fallimentari gestioni dell’autorità portuale a separare il porto dalla città. Gli strapagati dirigenti che si pavoneggiano tanto, non sono riusciti ad assicurare un solo servizio di trasporto passeggeri via nave da Catania. Scomparsi i collegamenti con Malta, con Napoli, con Salerno. Neanche ipotizzati collegamenti con Livorno, Civitavecchia, Genova, Ancona, Bari, la Grecia, il nord Africa. Da Catania partono solo merci, con le compagnie degli amici degli amici. E anche le navi da crociera, ammesso che sia anche questo un indicatore di sviluppo, scarseggiano.

Sono gli interessi mafiosi e affaristici a chiudere il porto alla città. È una classe imprenditoriale stracciona, parassita, vorace, predatoria ad aver trasformato il porto in affare privato. È una classe politica mediocre e collusa, prudente e clientelare ad aver fatto in modo che il porto rimanesse chiuso per decenni.

Mentre Confindustria indica la luna e gli avvoltoi affilano gli artigli, il Sindaco Trantino guarda gli archi della marina.

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