venerdì, Aprile 26, 2024
Interviste

“Signora Bertolino, lei sì che è un uomo!”

Intervista con una “me­moria storica” dell’anti­mafia, Enzo Guidotto

Siamo a Salemi, in occasione della pre­sentazione di “Vent’anni” con Enzo Guidotto, consulente della Commissio­ne antimafia e Presidente dell’Osser­vatorio veneto sulla mafia dal ’92.

Guidotto: Ho avuto modo di conoscere Borsellino per averlo invitarlo più volte nel nord est, a Udine all’università e in provincia di Treviso. Siamo stati suoi ospi­ti anche a Villa Grazia di Carin, nel ’90. Nel maggio del 90, venne a trovarmi per partecipare insieme ad alcuni convegni: arriva all’aeroporto di Venezia con la mo­glie, e non ha la scorta. E’ noto che per concludere l’istruttoria del maxi processo, sia lui che Falcone erano stati portati di peso nell’isola dell’Asinara, per potere continuare a svolgere il loro lavoro, essen­doci una situazione non di semplice ri­schio ma di pericolo.

Questo si verifica nell’estate dell’85, all’indomani dell’uccisione del commissa­rio Montana, del commissario Cassarà e dell’agente Antiochia. E’ noto anche a tut­ti, quindi a maggior ragione alle autorità, che le sentenze di morte di Cosa Nostra vengono eseguite. Chi non le esegue viene castigato, e non hanno una scadenza. Ep­pure non aveva la scorta.

Maggio del ’90, la prima notte lui e la moglie la passarono in un albergo di Ca­stelfranco Veneto provincia di Treviso. L’albergatore era un po’ tonto, il mare­sciallo dei carabinieri ha detto che i cara­binieri avrebbero fatto “qualche giro” con la gazzella. Qualche giro non significa niente, perché i mafiosi sono intelligenti e furbi. Chi dispone i servizi di sicurezza a volte dimostra di non essere nè intelligente nè furbo. E non gli diedero scorta.

Così l’indomani lo feci ospitare in una villa veneta, di proprietà dei Fratelli delle scuole cristiane. Nessuno sapeva che si trovavano là marito e moglie. Per cui i ca­rabinieri nelle notti successive hanno con­tinuato a fare i giri, all’albergo, inutilmen­te.

Proprio quella volta, appena è sbarcato dall’aereo, è salito sulla mia macchina e gli ho posto delle domande su un perso­naggio… su una signora figlia di un noto mafioso, secondo gli atti della commissio­ne parlamentare antimafia.

Una signora, proprietaria della distilleria di Partinico, Antonina Bertolino.

Ma la signora Bertolino è originaria di Salemi…

Guidotto: Dunque: il padre, Giuseppe Bertolino, era di Partinico, e secondo quanto disse Buscetta, fu capo della fami­glia mafiosa di Partinico, nonché membro della cupola di Cosa nostra per un certo periodo. Lui era di Partinico, la moglie era una Agueci di Salemi, figlia di un cavalie­re rispettabilissimo che abitava in via Cri­spi, la stessa strada in cui abitava la fami­glia Salvo. Ma il cavaliere Agueci era una persona stimata in paese e difatti avversò, in qualche modo, il matrimonio della figlia con Giuseppe Bertolino per alle notizie che circolavano su questo personaggio, che aveva fatto fortuna in America. Qual­cuno dice che faceva parte di un gruppo mafioso in America, qualcuno dice che è stato autista di Al Capone. Ma bisognereb­be vedere di trovare una fonte certa.

Si dice anche che la signora Bertoli­no abbia avuto un incontro con Paolo Borsellino…

Guidotto: Beh, un incontro con Borselli­no… Lei ha avuto un incontro forse anche col Papa. Ha avuto degli incontri sicura­mente con Giulio Andreotti. Quando alla Procura di Palermo c’era Caselli, ed erano state avviate le indagini su Andreotti, nel procedimento penale per i suoi rapporti con la mafia, la procura di Palermo chiese alla Digos di tutta Italia di acquisire ele­menti di conoscenza su Andreotti, relativa­mente a frequentazioni di mafiosi, o soggetti vicini alla mafia.

Ecco, io seppi che lei, con un imprendi­tore di Campo San Piero (Padova) era an­data da Andreotti. Che differenza c’è tra un incontro di Adreotti con un mafioso e l’incontro di Andreotti con la figlia di un mafioso? Eh, dal punto di vista della co­municazione non c’è gran differenza.

Siccome Borsellino una volta mi aveva detto che quando uno sa qualcosa deve ri­ferire a chi di dovere, perché può darsi che l’inquirente nel suo contesto ricostruisca una situazione, in base ad un maggior nu­mero di tasselli del mosaico. Io lo feci pre­sente alla procura di Palermo, e questo giustificò la mia convocazione. Fra l’altro è impor­tante questo incontro con Borselli­no, e bi­sogna vedere come fu.

La signora Bertolino andò a trovare Lu­ciano Violante quando era presidente della commissione antimafia, battendo i pugni sul tavolo. perché l’avevano con lei, ecc…

Molti non lo ri­cordano e la notizia non è stata rilanciata, ma una volta le hanno fat­to un’intervista, su “L’altra Italia” o qual­cosa del ge­nere, e allora il giornalista le chiede: “Cosa dice del fatto che Totò Riina ha espresso degli apprezzamenti molto lu­singhieri nei suoi confronti?”

Totò Riina infatti avrebbe detto: “Questa donna sì che ha i cosiddetti… non come tanti nostri ma­schietti ritenuti tali solo per­ché portano i pantaloni”.

Lei rispose: ”Beh si vede che Totò Rii­na, abitando in Sicilia, ha apprez­zato la mia attività e questo non può che farmi piacere”.

Ecco, le faceva piacere l’apprezzamen­to di un criminale del livello di Totò Riina. Paradossale.

Cos’è cambiato da vent’anni a que­sta parte?

Guidotto: Beh, da vent’anni a que­sta parte, sono venuti fuori tanti altarini. Sono venute fuori notizie che hanno dato con­ferma dell’esistenza del depistaggio, delle trattative. Ecco, questo è un fatto molto importante. Ci sono stati dei succes­si, ma la guerra è tutt’altro che vin­ta.

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