venerdì, Aprile 26, 2024
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Catania ricorda i giornalisti di ‘Charlie Hebdo’

(foto del collettivo ‘Scatto Sociale’ www.scattosociale.it)

Anche la giornata di commemorazione per le vittime di Charlie Hebdo a Catania è finita. Due giorni dopo la strage nella sede parigina del famoso giornale satirico, nel giorno dell’uccisione dei due terroristi islamici in una cittadina a nord est di Parigi, anche i catanesi sono scesi in piazza per dimostrare la loro vicinanza al popolo francese per il più grave attacco subito dal 1961.

 

Tre giorni che hanno sconvolto il cuore di un paese, cuore di un’Europa sempre meno unita. Lunghissime giornate che hanno messo l’occidente di fronte alle proprie paure e che, nelle riflessioni più adeguate, hanno messo in evidenza le proprie responsabilità nei confronti dei rapporti con l’islam e con il mondo arabo, troppo spesso difficili e conflittuali.

 

La piazza che a Catania ha ricordato i morti è stata bellissima. Tanti giovani, molti dei quali stranieri, uniti per manifestare il proprio cordoglio per una strage i cui contorni appaiono ancora troppo incerti.

La piazza di Catania non è stata autoreferenziale, non ha rappresentato un semplice sfogatoio di slogan e di frasi fatte, non è stata un semplice assembramento di persone. Ha rappresentato un sincero luogo di confronto e di ascolto tra culture diverse, che ha permesso di fornire chiavi di letture diversificate sui drammatici fatti di Parigi.

A fare gli interventi che più hanno colpito la piazza sono stati, infatti, due appartenenti alla comunità islamica della città. Parole forti, di condanna assoluta verso un gesto che “colpisce tutti e che offende più delle vignette”.

E’ stata una piazza bellissima perchè, al contrario di come spesso accade, i presenti hanno ragionato insieme, ascoltandosi l’un l’altro. 

 

Anche la visita del presidente della regione Rosario Crocetta, al di là delle solite spinte autocelebrative, ha rappresentato un segnale importante di unione, nel momento in cui le questioni più importanti si pongono sul dopo, sul come l’occidentale Europa somatizzerà questo attacco al suo cuore geografico e valoriale.

La scelta di recarsi nella più grande moschea del meridione d’Italia, per raccogliersi in preghiera assieme ai rappresentanti della comunità islamica, denuncia una forte presa di posizione politica e culturale: rifuggire dall’idea di guerra tra culture favorendo il dialogo e l’integrazione, in una terra – da sempre – di frontiera come la Sicilia.

I discorsi del presidente gelese sulla necessità di innescare un modello virtuoso di coesistenza e coabitazione fanno da più nobile pendant alle sbandate di quella politica volgare e ignorante, sempre alla ricerca di un nemico da additare.

Preghiamo lo stesso Dio, che si chiami Gesù o Allah. La Sicilia è stata sempre un modello di integrazione culturale e sociale e da questo dobbiamo partire” ha dichiarato Rosario Crocetta, a cui ha fatto eco il discorso dell’Imam Keith Abdelhafid “Gli uomini si odiano perchè non si conoscono. Incontriamoci e conosciamoci dunque: la Sicilia è stata sempre un punto d’incontro

 

Certo, ieri si sono avute belle parole, momenti significanti, immagini di pace. Però, la strada che porta alla realizzazione di una società più giusta e più inclusiva è ancora molto lontana e dodici persone hanno sacrificato la loro vita sull’altare della liberà di stampa e di satira. Libertà duramente conquistate e che non possono nè devono essere perse.

Rimane la bellissima piazza di una Catania sinceramente aperta verso una discussione edificante, che ha sapientemente sostituito alle grida e agli slogan ragionamento e ascolto. 

Charlie Hebdo, il giornale che con la sua satira estrema ha rappresentato la punta insuperabile delle libertà occidentali, colpito dal cieco oscurantismo di un terrorismo stupido e figlio di rapporti diseguali tra mondo arabo e Occidente, è stato ricordato in questa maniera a Catania.

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