martedì, Settembre 26, 2023
CronacaInchieste

La Perego, la ‘ndrangheta e un consulente

Un semplice consulen­te finanziario, o qual­cosa di più?

Riservato, viso cupo e sguardo offu­scato, quasi oppresso: si era abituati a ve­derlo così, al di là delle sbarre, An­drea Pavone. Accusato d’essere l’uomo ombra dell’imprenditore comasco Iva­no Perego, nel corso dell’ultima udien­za Pavone prende la parola e si sveste dai panni di semplice consulente finan­ziario del Gruppo Perego, sottolinean­do il suo ruo­lo primario e fondamenta­le nella crescita aziendale degli ultimi anni.

“La Perego General Contractor è frutto di una mia intuizione”, dichiara Andrea Pavone in risposta alle domande del Pm Alessandra Dolci. Sempre presente ad ogni singola udienza, il contabile del Gruppo Perego è solito stare in disparte, calmo e appartato, da solo dentro la gab­bia dell’aula bunker di piazza Filangieri: un insospettabile dell’imprenditoria lom­barda. A prima vista, infatti, nessuno lo asso­cerebbe alle figure di Salvatore Strangio e Rocco Cristello, capo della lo­cale di Seregno il primo e partecipe a quella di Mariano Comense il secondo, con cui invece Pavone intrattenne espli­citi rapporti lavorativi.

Tanto che, per il suo modo di fare pa­cato se confrontato a quello dei suoi ‘compagni di sventura’, i quali non di­sdegnano di attirare l’atten­zione dei gior­nalisti e pubblico presenti in aula con schiamazzi e provocazioni, Pavone stava finendo quasi per fare la fi­gura del ‘fes­so’: troppo tranquillo per es­sere il brac­cio destro dell’imprenditore che permise alla ‘ndrangheta di control­lare gli appalti lombardi, sognando i can­tieri di Expo 2015.

Fino a venerdì 8 giu­gno, giorno del suo esame da parte del Pubblico Ministero di fronte alla corte presieduta dal giudice Maria Luisa Bal­zarotti. “Il mio impegno con Perego nella sua impresa di movi­mento terra nasce nell’agosto 2008. Iva­no voleva fare degli investimenti, ma la situazione finanziaria era disastrata: i sindaci dell’azienda era­no sul piede di guerra, il credito in aperto debordo e tut­to il portafoglio presentato nel periodo precedente non era stato pa­gato. Così ho avuto l’idea intuitiva di creare una nuova società. Ho pensato: se Perego ha biso­gno di liquidità, questa banca fa proprio al caso suo”, spiega Pavone riferendosi alla svizzera Arner Bank in cui lavorò nel 1997 nel settore investimenti per la­vori pubblici.

Competenze e conoscenze non gliene mancavano di certo: nato in una famiglia di carabinieri, militari e sottoufficiali di marina, subito dopo il diploma di perito tecnico informatico lavora per multina­zionali e banche in Italia e all’estero, fre­quentando corsi di marketing e comuni­cazione.

E’ in Germania, Olanda e Fran­cia, in­fatti, che Pavone accresce la sua espe­rienza nel campo della finanza, occupan­do sempre posti di rilievo: “Nell’89 a Lu­becca seguivo il direttore di una grande multinazionale per il monitorag­gio, nel ’92 in una banca olandese mi oc­cupavo in prima linea del commercio per il setto­re Italia, e nel ’97 diventai il collaborator­e più esperto del direttore ge­nerale libanese della prima banca al mondo per importanza con sede a Monte Carlo”.

Un curriculum di tutto rispetto per Pa­vone che, dopo aver scalato i piani alti della finanza, si interessa alle sorti com­merciali del prosciuttificio Rondanini Srl. Per la longeva azienda di salumi, con sede a Busto Garolfo nell’hinterland mi­lanese, Andrea Pavone veste il ruolo di direttore generale dal 1998 al 1999, fin quando decide di aprire un ristorante a San Babi­la, nel centro di Milano.“Del re­sto sono un buon cuoco, ho sempre avuto una pas­sione per il cibo”.

“Poi il ristorante fallisce, e Claudio Scotti – ex consulente della Perego Stra­de, ndr – mi dice che l’impre­sa di movi­mento terra per cui lavora è alla ricerca disperata di soldi, ha bisogno di liquidità. Mi incontro con il titolare nell’ufficio di Carate Brianza e il 25 agosto 2008 inizio a collaborare con Ivano Perego: voleva che gli allontanassi il suo commerciali­sta. Non c’era un contratto formale, ma prendevo 15mila euro mensili più una quota del 40 % sugli incassi della socie­tà. Oltre a dei benefit come automobili e la casa in cui abitavo, una villa intestata ad Elena Perego sorella di Ivano: mi co­stava 70mila euro che venivano detratti in rate dal mio stipendio annuo 409mila euro”.

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