La Perego, la ‘ndrangheta e un consulente
Un semplice consulente finanziario, o qualcosa di più?
Riservato, viso cupo e sguardo offuscato, quasi oppresso: si era abituati a vederlo così, al di là delle sbarre, Andrea Pavone. Accusato d’essere l’uomo ombra dell’imprenditore comasco Ivano Perego, nel corso dell’ultima udienza Pavone prende la parola e si sveste dai panni di semplice consulente finanziario del Gruppo Perego, sottolineando il suo ruolo primario e fondamentale nella crescita aziendale degli ultimi anni.
“La Perego General Contractor è frutto di una mia intuizione”, dichiara Andrea Pavone in risposta alle domande del Pm Alessandra Dolci. Sempre presente ad ogni singola udienza, il contabile del Gruppo Perego è solito stare in disparte, calmo e appartato, da solo dentro la gabbia dell’aula bunker di piazza Filangieri: un insospettabile dell’imprenditoria lombarda. A prima vista, infatti, nessuno lo assocerebbe alle figure di Salvatore Strangio e Rocco Cristello, capo della locale di Seregno il primo e partecipe a quella di Mariano Comense il secondo, con cui invece Pavone intrattenne espliciti rapporti lavorativi.
Tanto che, per il suo modo di fare pacato se confrontato a quello dei suoi ‘compagni di sventura’, i quali non disdegnano di attirare l’attenzione dei giornalisti e pubblico presenti in aula con schiamazzi e provocazioni, Pavone stava finendo quasi per fare la figura del ‘fesso’: troppo tranquillo per essere il braccio destro dell’imprenditore che permise alla ‘ndrangheta di controllare gli appalti lombardi, sognando i cantieri di Expo 2015.
Fino a venerdì 8 giugno, giorno del suo esame da parte del Pubblico Ministero di fronte alla corte presieduta dal giudice Maria Luisa Balzarotti. “Il mio impegno con Perego nella sua impresa di movimento terra nasce nell’agosto 2008. Ivano voleva fare degli investimenti, ma la situazione finanziaria era disastrata: i sindaci dell’azienda erano sul piede di guerra, il credito in aperto debordo e tutto il portafoglio presentato nel periodo precedente non era stato pagato. Così ho avuto l’idea intuitiva di creare una nuova società. Ho pensato: se Perego ha bisogno di liquidità, questa banca fa proprio al caso suo”, spiega Pavone riferendosi alla svizzera Arner Bank in cui lavorò nel 1997 nel settore investimenti per lavori pubblici.
Competenze e conoscenze non gliene mancavano di certo: nato in una famiglia di carabinieri, militari e sottoufficiali di marina, subito dopo il diploma di perito tecnico informatico lavora per multinazionali e banche in Italia e all’estero, frequentando corsi di marketing e comunicazione.
E’ in Germania, Olanda e Francia, infatti, che Pavone accresce la sua esperienza nel campo della finanza, occupando sempre posti di rilievo: “Nell’89 a Lubecca seguivo il direttore di una grande multinazionale per il monitoraggio, nel ’92 in una banca olandese mi occupavo in prima linea del commercio per il settore Italia, e nel ’97 diventai il collaboratore più esperto del direttore generale libanese della prima banca al mondo per importanza con sede a Monte Carlo”.
Un curriculum di tutto rispetto per Pavone che, dopo aver scalato i piani alti della finanza, si interessa alle sorti commerciali del prosciuttificio Rondanini Srl. Per la longeva azienda di salumi, con sede a Busto Garolfo nell’hinterland milanese, Andrea Pavone veste il ruolo di direttore generale dal 1998 al 1999, fin quando decide di aprire un ristorante a San Babila, nel centro di Milano.“Del resto sono un buon cuoco, ho sempre avuto una passione per il cibo”.
“Poi il ristorante fallisce, e Claudio Scotti – ex consulente della Perego Strade, ndr – mi dice che l’impresa di movimento terra per cui lavora è alla ricerca disperata di soldi, ha bisogno di liquidità. Mi incontro con il titolare nell’ufficio di Carate Brianza e il 25 agosto 2008 inizio a collaborare con Ivano Perego: voleva che gli allontanassi il suo commercialista. Non c’era un contratto formale, ma prendevo 15mila euro mensili più una quota del 40 % sugli incassi della società. Oltre a dei benefit come automobili e la casa in cui abitavo, una villa intestata ad Elena Perego sorella di Ivano: mi costava 70mila euro che venivano detratti in rate dal mio stipendio annuo 409mila euro”.