martedì, Aprile 16, 2024
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Parole false contro la giustizia

Nella crisi e sofferenza profonde che caratterizzano l’attuale stagione politica italiana una parte importante hanno le “parole”, la perdita del loro significato comune, il loro uso distorto o deviato.

Quando si tratta di legalità e di giustizia, le parole più frequenti – ormai – sono quelle malate o false.

Sono parole malate (elencarle compor­ta un esercizio di… masochismo) quelle usate per denigrare i magistrati definen­doli faziosi, matti, cancro da estirpare, associati per delinquere, disturbati men­tali, antropologicamente diversi dal resto della razza umana, figure orribili e ini­que, peggiori del fascismo, maledetti dal Vangelo…

Parole malate che sono sintomo di un grave malessere della politica, in quanto favoriscono – sfiduciando pregiudizial­mente un’istituzione fondamentale dello stato – la desertificazione delle coscienze.

Parole, quindi, che se possono andar bene a qualcuno per un comizio o per vincere una partita politico-giudiziaria, sono comunque causa di gravi perdite per tutti, a destra come a sinistra, perchè contribuiscono a deteriorare il senso mo­rale del nostro Paese. E così una società non regge.

Poi ci sono le parole false: accanimen­to, persecuzione giudiziaria, politicizza­zione dei magistrati, teoremi, uso della giustizia per fini politici, complotti, par­tito dei giudici, golpe, giacobinismo, giu­stizialismo, toghe rosse… Fino alle re­centissime accuse di processi fatti solo per mettere qualcuno alla gogna mass-mediatica senza preoccuparsi più di tanto degli esiti.

Parole false, perché basate sul nulla (se si facessero finalmente parlare gli atti e i documenti: tacerebbero le bufale propa­gandistiche), ma ripetute con tanta osses­siva frequenza, impiegando le stesse tec­niche pubblicitarie dei detersivi, che alla fine uno finisce per crederci o per subirle con rassegnata passività, accettando di usarle nel linguaggio corrente.

Perché questo impiego massiccio, scientificamente organizzato, di parole false?

Innanzitutto per squalificare chiunque osi dissentire dal “pensiero unico”, mar­chiandolo d’infamia ed espellendolo dal campo di gioco. Poi per impedire qualun­que confronto serio sui problemi della giustizia, riducendo tutto ad una spirale soffocante di luoghi comuni, slogan e falsità. Infine perchè parlare del falsa­mente presupposto colore delle toghe (rosso o azzurro) aiuta a non parlare dei problemi veri. Che sono poi questi: chi è accusato di corruzione, ha corrotto o no ? chi è accusato di aver avuto rapporti con la mafia, è stato o no colluso?

Ma le parole false servono soprattutto per delegittimare e scoraggiare i magi­strati che abbiano la “sfortuna” di dover­si occupare di certe materie.

Si sa bene che a forza di calunniare, qualcosa alla fine resta sempre. E diventa sempre più sfumata la linea di confine fra aggressio­ne ed intimidazione. Mentre si consolida il teorema (che le parole false hanno in­trodotto) secondo cui giustizia giusta – quando si tratta di imputati che contano – è quella che assolve; mentre quella che osa indagare o addirittura ( a volte capi­ta…) condannare è giustizia in­giusta, giu­stizia iniqua, da bollare con campagne mediatiche feroci.

Un pensiero su “Parole false contro la giustizia

  • jb Mirabile-caruso

    A commento del Suo scritto, dottor Caselli, vorrei riportare quanto osservato da un nostro connazionale, emigrato da oltre quattro decenni in una Nazione di cultura Anglo-Sassone: “A guardare oggi l’Italia, mi appare come capovoltasi, dove il Bene sia diventato Male e viceversa: un incubo spaventosamente vero”.

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