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Omicidio Ciro Esposito: ridotta la pena a De Santis

I fatti, il processo, la sentenza

Martedì 27 giugno, a poco più di un anno dalla sentenza che condannava Daniele De Santis a ventisei anni di reclusione per l’uccisione di Ciro Esposito, la Corte d’appello ha ridotto la pena al militante neofascista ed ex ultras della Roma a sedici anni, motivando la decisione con l’esclusione dell’aggravante dei futili motivi e con l’assoluzione del reato di rissa.

Entrambe le parti hanno annunciato un prossimo ricorso in Cassazione. Lo scorso agosto, Napolimonitor ha pubblicato un articolo dove spiegava nel dettaglio i fatti avvenuti quella notte e nei cinquantatré giorni successivi, durante i quali Ciro Esposito è rimasto in agonia prima di morire, l’andamento del processo e le motivazioni della sentenza. Lo riproponiamo a seguire.

nazisterismo

Lo scorso 22 luglio la III Corte d’Assise di Roma ha reso pubbliche le motivazioni della sentenza con cui Daniele De Santis, ex ultras della Roma e militante neofascista, è stato condannato a ventisei anni di reclusione per minaccia, rissa aggravata, lesioni ai danni di Gennaro Fioretti e Alfonso Esposito (a loro volta condannati a otto mesi, sempre per rissa e lesioni aggravate), e per l’omicidio di Ciro Esposito, tre tifosi del Napoli recatisi in trasferta nella capitale per seguire una partita di calcio.

La sentenza fa riferimento agli eventi avvenuti a Roma il 3 maggio 2014, circa quattro ore prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina. La storia di quella giornata ha infatti inizio ben prima dell’ingresso in campo delle squadre. La finale dell’Olimpico è una gara molto attesa da entrambe le tifoserie. Per gli uffici competenti del Viminale si tratta di una partita a rischio.

A Roma sono attesi migliaia di ultras azzurri e viola, due tifoserie che non si vogliono troppo bene. Rapporto anche peggiore hanno gli ultras della Lazio e della Roma con i napoletani, e il rischio che i partenopei trovino ad attenderli i loro omologhi della capitale è concreto. C’è un precedente, però, che risale a due anni prima e lascia ottimisti. Il 20 maggio 2012 a contendersi la coppa sul prato dell’Olimpico furono Napoli e Juventus. Ultras di Roma, Lazio, Napoli e Juve, tutti nella stessa città. Un incrocio pericoloso. Quella partita, però, non fece registrare incidenti rilevanti, grazie anche a una gestione dell’ordine pubblico molto rigorosa, praticamente militare.

Sono circa le cinque del pomeriggio. Alcuni ultras del Napoli passano in corteo su viale Tor di Quinto, transitando senza problemi in direzione dello stadio Olimpico. Una volta sfilati gli ultras, da un gruppo di meno di dieci persone, radunate in una stradina parallela, si stacca un uomo corpulento e vestito di scuro, che scavalca il guardrail che separa le due corsie del viale e si scaglia verso un pullman di tifosi napoletani che procede a passo d’uomo. Ha con sé alcune bombe carta e una pistola Benelli, semiautomatica, calibro 7,65, con la matricola abrasa. L’uomo innesca una prima bomba e la lancia contro il pullman. Poi comincia a insultare a gran voce i passeggeri, sfidandoli a scendere e a raggiungerlo sul selciato.

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