martedì, Aprile 16, 2024
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Ma l’i-Pod conta più di Stavinsky?

Con tutti i problemi che abbiamo e in tempi così grami l’argomento potrebbe sembrare frivolo, secondario, ma su ciò che si considera -e perché lo si considera- prioritario o secondario, forse ogni tanto qualche piccola pausa di riflessione non farebbe proprio male. Non guasterebbe neppure ad esempio avere idee più proprie e chiare su ciò che realmente significa qualità di vita, o anche più semplicemente qualità. Nella riproduzione musicale domestica il concetto di qualità, quando si è avuto il bisogno di manifestarlo, lo si è associato prima al termine stereo, poi ad hi fi, e infine, quando tutto era già hi fi, ad hi end. Terminologia a parte, in realtà tale sviluppo non sempre ha coinciso con un effettivo miglioramento della qualità audio degli apparecchi, anche se questo, pomposamente, veniva dato ogni volta da intendere. Così è accaduto ad esempio nel passaggio da LP a CD, ovvero dal suono analogico a quello numerico. Sostanzialmente una bufala, spacciata però, e felicemente recepita, per una conquista, una specie di sbarco sulla luna della tecnologia finalmente alla portata di tutti. Progresso e democrazia; libertà obbligatoria avrebbe detto Gaber.

Ma cosa è accaduto davvero in quel passaggio? Chi ci ha veramente guadagnato e chi perso? Due conti si fa presto a farli: Un CD, finito, incellofanato, e con tanto di bollino Siae, viene a costare oggi al produttore meno di 50 centesimi, un vinile 33 giri circa 4 euro, cioè otto volte tanto. Le spese naturalmente non sono solo queste, ma il rapporto è questo, ed è un rapporto molto interessante, che in un sol colpo a suo tempo, ha praticamente portato al raddoppio dei profitti. Bingo! Ma non solo. Il CD significava novità, tecnologia avanzata, maggior qualità, e queste sono cose che ovviamente si pagano, altrimenti che si diventa a fare più ricchi. E infatti il CD fu commercializzato da subito a un prezzo ben più alto dell’LP. Ma non è finita perché bisogna anche mettere in conto l’indotto che la novità mise in moto, rottamazione dei vecchi dischi e giradischi, riacquisto degli stessi titoli nel nuovo formato più acquisto del CD Player, etc… Tra i seguaci più fedeli del credo audiophile non pochi furono pure quelli che cambiarono anche i diffusori, dato che nel frattempo girava voce accreditata che quelli vecchi non erano più adatti alle superiori capacità dinamiche delle nuove macchine. Altra bufala naturalmente, perché a dire il vero, si trattava esattamente del contrario, erano cioè i giradischi a restituire maggiore spunto dinamico, ma lasciamo perdere, visto che si era in ballo… Insomma, cosa più cosa meno l’affare fu questo. Il vero problema però, quello che dovrebbe fare riflettere, e seriamente, fu un altro. Il digitale suonava e suona tuttora peggio dell’analogico, ciò nonostante nell’immaginario collettivo passò, in totale adesione con quello pubblicitario, il messaggio opposto. Ecco, è questo il punto, perché questo si chiama “potere”, in certi casi prende il nome di mafia, in altri di dittatura, regime, in altri ancora di democrazia, ma la sostanza non cambia, sono solo i mezzi a cambiare, i modi di adattarsi alle circostanze. Il potere resta. Certe forme poi sono talmente raffinate e redditizie che, in democrazia ad esempio, i cornuti li produce già contenti. C’è da chiedersi però a questo punto cosa centri tutto ciò col concetto di qualità, perché è questo che invece frettolosamente percepiamo.

Bene, passo dopo l’altro in questa luminosa via siamo finalmente giunti all’I pod, che è indubbiamente trendy pratico e leggero, utile in tanti casi, ed è certamente il mezzo migliore per spararsi al volo l’ultimo hit di chiunque sia ovunque ci troviamo. Bene. Ma da che parte si accende per sentirsi La Sagra della Primavera di Stravinsky?

 

 

SCHEDA

Otis Taylor – Contraband

Telarc/ TEL-33188/ Blues

Il blues per definizione è una di quelle musiche che non necessita di rinnovamento per produrre opere che abbiano significato, e gli stessi quattro accordi sono bastati a intere generazioni di musicisti afro americani per produrre buona parte del suo sterminato canzoniere. Ma se esiste ancora e continua ad essere uno dei generi popolari più diffusi, lo si deve non poco a quei grandi innovatori che qua e là nel suo corso si sono affacciati. L’ultimo in ordine di tempo si chiama Otis Taylor, un musicista di Chicago che si è affacciato alla discografia non più giovanissimo, ma che ha poi mostrato una notevole prolificità. Per chi già lo conosce è sufficiente la semplice segnalazione, per gli altri, cioè quasi tutti, anche se non consapevoli amanti del genere, è opportuno il consiglio di ascoltarlo, perché è uno che ha cose interessanti da dire e lo fa in modo singolare e coinvolgente.

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